Le decisioni “da solista del ministro Azzolina stanno indebolendo il governo”: con il passare delle settimane è diventato durissimo il giudizio di Lorenzo Fioramonti, ministro dell’Istruzione dall’estate scorsa fino a Natale 2019, che ha abbandonato nei mesi scorsi il M5S per confluire nel Gruppo Misto.
L’emergenza, dice il parlamentare e accademico romano al Mattino, “ha influito” sui tempi del decreto Scuola ma è anche evidente “che siamo di fronte a un ritardo della politica e il governo ha le sue responsabilità. Abbiamo un ministro che, a fronte di conflitti storici, si è inimicata ancora di più il mondo della scuola”.
“Un ministro dovrebbe trovare sempre un punto di convergenza, ma Azzolina si ostina a proseguire su una linea che può davvero portare la scuola a una disfatta di lungo termine. Perché corriamo il rischio di non essere pronti nemmeno a settembre”.
Per Fioramonti lo slittamento delle decisioni è motivato dai conflitti interni alla maggioranza: lo stesso Decreto Legge n. 22 sulla Scuola rischia ora di non essere nemmeno votato in VII commissione a Palazzo Madama.
“Il Senato doveva discuterne due settimane fa, ed era già tardi. Da allora siamo fermi su punti su cui non si trova la quadra”. Con i nodi sui concorsi (tradizionali o per soli titoli?) ancora tutti da sciogliere.
Secondo l’ex responsabile del Miur la politica è soprattutto mediazione: invece, per Fioramonti la ministra Lucia Azzolina “non ha deficit in bravura ma in capacità politiche”.
Inoltre, il decreto “non pone la questione scuola con forza all’interno della programmazione politica del governo. Azzolina non ha rivendicato più risorse, come invece ha fatto Manfredi ottenendole, ha richiesto solo un numero esiguo di posti in più per il concorso straordinario dei docenti che saranno appena 16mila”.
Su punti come la maturità “avrei ascoltato il Consiglio superiore, che chiedeva esame di Stato non in presenza“.
Fioramonti inoltre è d’accordo “solo in parte” sulle modalità di rientro a scuola metà classe in aula e metà casa: a settembre la scuola “dovrebbe essere più forte: mi immagino piccoli gruppi di 10 ragazzi in classe, altri gruppi che insieme seguono sullo schermo la lezione in un’altra aula o nello spazio da concordare con gli enti locali. Non hanno bisogno di pc a casa, né del controllo dei genitori. Sarebbe disastroso non essere pronti a settembre, gli abbiamo tolto mesi di apprendimento e socialità e non posso immaginare un altro anno così”, conclude l’ex ‘grillino’.
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