C’è una questione di metodo assai rilevante che riguarda il rinnovo del contratto scuola sulla quale però non si leggono né commenti né prese di posizione.
La questione riguarda le modalità con cui si è sviluppata la trattativa: il tavolo contrattuale, presso la sede dell’Aran, si è riunito poche volte, 3 o 4 non di più.
La trattativa vera è stata tutta fuori dal tavolo, più politica che tecnica.
L’Aran è stato di fatto esautorato: non a caso – stando a quanto raccontano alcuni sindacalisti che hanno partecipato agli incontri – più di una volta il presidente Gasparrini ha confidato/esclamato di volere dimettersi dall’incarico.
Fino ad ora l’articolato contrattuale è stato discusso poco, ancora fino alla serata del 6 febbraio nessuno aveva in mano le nuove tabelle stipendiali, eppure la firma del contratto è data per certa e imminente da più di un protagonista della vicenda.
Ma c’è di più: l’annuncio che ci si sta avvicinando alla stretta finale è arrivato non dai segretari del comparto (Sinopoli, Gissi e Turi), ma dal segretario generale di una confederazione, Carmelo Barbagallo della Uil.
Osservando la vicenda dall’esterno, viene da commentare che non solo è stato esautorato l’Aran, ma sono stati persino scavalcati i sindacati del comparto.
E’ un caso che Barbagallo (e per la verità anche Susanna Camusso della Cgil) abbia dato l’annuncio proprio uscendo dall’incontro con il sottosegretario Rughetti?
La sensazione è che questa volta il contratto sia stato deciso tutto in sede politica, in una sorta di “trattativa parallela” fra i tre leader delle principali confederazioni e il Governo.
Nulla di male, per carità, peccato che la legge definisca un percorso diverso.
E, se si ritiene che il percorso previsto dalla legge sia inadeguato, bene si farebbe a cambiare la legge e a tornare a 30 anni fa quando i contratti si firmavano a Palazzo Chigi direttamente fra segretari generali e Presidenza del Consiglio.
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