Era tutto pronto: nel volgere di pochi minuti, all’ora di pranzo di giovedì 19 aprile è stato sottoscritto definitivamente il nuovo contratto dei comparti istruzione e ricerca, presso l’Aran. Lo hanno firmato i sindacati Confederali, Flc-Cgil, Cisl e Uil. Nel pomeriggio ha firmato anche Gilda degli insegnanti, mentre Snals ha confermato la strada del NO.
L’aumento medio per tutto il personale dovrebbe concretizzarsi nel mese di maggio, sia per i docenti sia per il personale Ata, anche precari, forse con una emissione speciale: si tradurrà in un incremento medio che varia tra gli 80 e i 110 euro lordi. A cui si aggiungono degli arretrati del biennio 2016-2017: un forfait di alcune centinaia di euro a lavoratore. Il 9 febbraio scorso era stata firmata la pre-intesa.
Alla preintesa è seguito poi il via libera del Consiglio dei ministri e della Corte dei Conti. Il contratto dà più spazio alla collegialità delle decisioni e alla contrattazione di istituto, modificando in parte alcune delle norme più contestate dalla cosiddetta Buona scuola.
Il nuovo Ccnl, tra le altre cose, non prevede un aumento dell’orario di servizio; rimangono invariati anche le ferie e i premessi sia per i docenti che per gli Ata. Rinviata a una “successiva sequenza contrattuale” la parte sulle sanzioni disciplinari.
Per trovare le risorse necessarie a far scattare gli aumenti a regime per i lavoratori con stipendi più bassi, è stata approvata una manovra di “perequazione”: gli incrementi dovrebbero scattare non a gennaio 2018, ma alcuni mesi dopo e i fondi finanzieranno le parti mancanti, anche se solo fine al prossimo dicembre. Poi, spetterà al nuovo Governo trovare altre risorse.
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