La Flc-Cgil, nel corso dell’assemblea nazionale organizzata tra il 21 e il 22 marzo scorso dal titolo “La scuola che verrà”, ha messo sul tappeto una serie di problematiche che faranno parte, con l’insediamento del novo governo nato dalle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, della sua piattaforma programmatica e propositiva.
Fra le parole d’ordine più immediate, espresse dal sindacato ci sono: innalzamento dell’obbligo a 18 anni, revisione radicale dell’attuale modello di alternanza scuola-lavoro, riduzione degli alunni per classe, edifici scolastici adeguati alla nuova didattica, interventi per valorizzare la professione docente.
E poi una scuola che dovrà essere “bella, colorata, accogliente, vivibile, democratica, partecipata, autonoma, uguale e diversa su tutto il territorio nazionale” e sulla quale si dovranno investire in un arco temporale di sei anni circa 20 miliardi (4,5 per gli ordinamenti scolastici, 8 per la valorizzazione del personale e altrettanti per una ‘nuova’ edilizia scolastica).
In altre parole per gli ordinamenti scolastici servono 4.531 miliardi di euro, per la valorizzazione del personale 8.000 miliardi, per l’edilizia scolastica 8.100 miliardi.
Per Sinopoli la scuola “non deve educare il capitale umano, non è un luogo di addestramento al lavoro così com’è, non può sottrarsi alla missione di costruire esperienze di apprendimento per la vita e per la libera intelligenza degli studenti, e deve impegnarsi a superare le diseguaglianze e non a moltiplicarle, come invece accade innanzitutto tra Sud e Nord”.
“Totalmente fuori strada – ha spiegato – la scelta della sperimentazione quadriennale. Piuttosto bisogna ripensare a un percorso unitario di una scuola del primo ciclo. Il primo ciclo, attraverso una sperimentazione affidata per un tempo ragionevolmente lungo (cinque anni) alle autonomie scolastiche, dovrebbe sforzarsi di individuare gli snodi di continuità ancora oggi non risolti fra primaria e medie e fra medie e superiori, e perché no, fra istruzione secondaria e terziaria”.
I decreti attuativi relativi al provvedimento 0-6 anni previsto dalla “Buona Scuola” stanno “disattendendo le aspettative, impedendo ancora allo 0-3 di uscire dal sistema dei servizi a domanda e alla scuola dell’infanzia di generalizzare la sua presenza in tutto il Paese” ha osservato il leader della Flc, invitando a una riflessione su un tema “maturo: l’obbligo della frequenza per le bambine e i bambini del segmento 3-6”.
Sinopoli si è quindi soffermato sulla valutazione, puntando l’indice contro l’attuale “ossessione quantitativa e classificatoria” e sull’alternanza scuola-lavoro: “vanno cancellate le norme sulla precisa quantificazione delle ore dei percorsi e quelle che utilizzano l’alternanza per piegare la scuola all’interesse di brevissimo periodo del sistema produttivo”.
Quanto alla valorizzazione degli insegnanti, la proposta della Flc Cgil prevede sia l’anzianità (l’inquadramento per fasce va mantenuto) sia l’impegno personale. Quindi anzianità e impegni quantificabili con la possibilità per tutti i docenti di raggiungere la fascia stipendiale più alta a metà carriera (15/20 anni) e non come succede oggi a 35 anni. Stesso discorso dovrebbe valere per il personale Ata.
Infatti la scuola è passata da un milione e 128 mila occupati nel 2008 a un milione e 13 mila nel 2012, con l’espulsione di 115 mila persone, per risalire a un milione e 116 mila nella stagione 2016 recuperando nelle ultime quattro stagioni quasi tutte le uscite delle precedenti quattro
A otto anni di distanza, viene tuttavia riconosciuto, la “Buona scuola” ha quasi fermato l’emorragia aperta dai tagli della Legge Gelmini.
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