Momento difficile per la scuola tra sentenze che mettono a serio rischio il lavoro per migliaia di maestre e recenti casi di violenze contro i professori e bullismo tra i ragazzi.
Secondo Giovanni Floris, noto giornalista, conduttore della trasmissione “Di Martedì” su La 7, autore di un libro “Ultimo banco. Perché insegnanti e studenti possono salvare l’Italia”, intervistato da Donna Moderna, serve una rivoluzione che parta dalla testa, dalle mentalità con la quale tutti gli attori in campo devono rapportarsi con il mondo scolastico e tra di loro.
“Occorre ridare valore alla scuola e agli insegnanti, che sono coloro che hanno il compito di spiegare la realtà, non solo le materie. Ridiamo loro fiducia, restituiamogli il loro ruolo, anche da un punto di vista economico, e contribuiamo tutti, genitori e studenti, a ricominciare daccapo”.
“Ho conosciuto molti insegnanti affetti dal cosiddetto burnout, la sindrome di chi non riesce più ad affrontare la quotidianità del suo lavoro. Di chi non ce la fa più. Sognavano un’altra vita, una qualsiasi, possibilmente altrove”.
“I loro stipendi, inoltre, in Italia sono mediamente tra il 10 e il 20 per cento inferiori a quelli di altri lavoratori a tempo pieno con lo stesso livello di istruzione (la situazione peggiora dalla scuola dell’infanzia alle superiori). In Europa, solo i docenti di Slovacchia, Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca, Lettonia, Estonia e Polonia hanno buste paga inferiori”.
Anche il sistema di reclutamento grava sugli insegnanti e sulla loro età: “In Finlandia, Svezia, Norvegia, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia, Repubbliche baltiche e gran parte dell’Europa dell’Est le assunzioni sono libere. Il sistema è quasi aziendale: sono le scuole a bandire i posti di lavoro (per i quali gli insegnanti presentano domanda) e a gestire le assunzioni (a volte con il concorso delle autorità locali). Questi sistemi scolastici, insieme a quelli di alcuni Paesi asiatici, compaiono regolarmente in vetta alle classifiche mondiali di eccellenza”.
In Italia si “ottiene la cattedra per concorso pubblico (oceanico e difficilissimo) e così si entra in graduatoria, dopodiché, a seconda della tua posizione (quindi anche di quanto sei stato bravo al concorso, attenzione: anche) aspetti che si liberi il posto che ti porterà all’assunzione. Possono volerci mesi, o anni; puoi essere costretto a cambiare città, a cambiare vita… Insomma, se la scuola invecchia non è perché i giovani non vogliano fare i professori”.
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