Categorie: Attualità

Foibe: coltivare la memoria fa vivere la democrazia

Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata è stato celebrato ieri nell’aula di Montecitorio, riempita per l’occasione da studenti, insegnanti e rappresentanti delle associazioni degli esuli e dei familiari delle vittime delle Foibe.

Una giornata in cui non sono mancati gli interventi delle più alte cariche dello Stato. Nell’aula della Camera ha preso la parola la presidente Laura Boldrini. “Tenere vivo il ricordo e la memoria – ha detto – di quegli eventi è un grande contributo alla pace. Ed è un contributo ai valori di libertà e di democrazia perchè è proprio dei regimi totalitari il disprezzo per la vita umana e per i diritti delle persone”.

Al termine del suo intervento è stato letto il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato a Madrid.

 “L’Europa della pace, della democrazia, della libertà, del rispetto delle identità culturali – è stato il richiamo del capo dello Stato- è stata la grande risposta agli orrori del Novecento, dei quali le foibe sono state una drammatica espressione. Un impegno che – a 70 anni dal Trattato di Pace che mise fine alla tragica guerra scatenata dal nazifascismo – non può venire mai meno per abbattere per sempre il fanatismo, padre della barbarie e della crudeltà che si nutrono dell’odio”.

 

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Negli stessi minuti il presidente del Senato Pietro Grasso, presente a Montecitorio, ha diffuso il suo messaggio via Facebook. “La tragedia delle foibe, il dramma degli esuli: pagine – ha sottolineato la seconda carica dello Stato- tristissime del nostro passato che sono ancora dolorose, ferite che non possono rimarginarsi completamente. Bisogna approfondire per comprendere le dimensioni dell’orrore che toccò i nostri connazionali; bisogna soprattutto ricordare per dare dignità a chi fu vittima di quelle violenze”.

Al termine della manifestazione, la presidente Boldrini e il Sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, hanno consegnato alle scuole vincitrici la targa del concorso promosso dal Miur e dalle Associazioni degli Esuli “10 febbraio – Nasce la Repubblica italiana senza un confine”.

Il concorso è rivolto alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado con la finalità di promuovere l’educazione europea e la cittadinanza attiva, di sollecitare l’approfondimento della storia italiana attraverso una migliore conoscenza dei rapporti storici, geografici e culturali nell’area dell’Adriatico orientale. La cerimonia è terminata con l’esecuzione dell’Inno alla gioia, l’inno europeo.

Ma chi era Josip Broz Tito, conosciuto come Tito o maresciallo Tito?

Tito è stato cofondatore, spiega RaiNews, del Partito Comunista Jugoslavo (KPJ) nel 1920, membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e della polizia segreta sovietica (NKVD). Dopo le elezioni dell’11 novembre 1945, il fronte nazionale capeggiato da Tito ottenne la maggioranza assoluta e lui venne nominato Primo ministro e ministro degli Esteri. È durante questo periodo che le forze jugoslave e l’Armata Rossa vennero coinvolte nella deportazione dei tedeschi, ma le foibe riguardarono anche gli italiani, etichettati come “fascisti”.

Le foibe sono profonde cavità naturali del terreno che si trovano sulle montagne del Carso, in Friuli e furono esse il palcoscenico dell’orrendo spettacolo che si svolse tra il 1943 ed il 1947: in quelle voragini a strapiombo furono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. 

La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. 

Pasquale Almirante

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