Mentre il 10 febbraio è ancora lontano, le prefetture stanno sollecitando scuole a promuovere iniziative per commemorare il “Giorno del Ricordo”, il massacro delle Foibe e dell’esodo Giuliano, con circolari in cui si chiede di “voler favorire iniziative celebrative di approfondimento e di studio, finalizzate a dare particolare e significativo rilievo alla ricorrenza”, per “sensibilizzare le nuove generazioni e diffondere la conoscenza di quei momenti dolorosi” conservando “la memoria storica di una pagina altamente tragica per l’umanità, rendendo doveroso omaggio alle vittime e un riconoscimento ai superstiti”.
Inoltre le foibe vengono definite nel documento “rappresaglie di vera e propria pulizia etnica su molti italiani”, per cui è determinante “fornire con immediatezza il quadro complessivo delle iniziative”.
Immediata la protesta di Anpi e Flc-Cgil: “E’ francamente sconcertante, una cosa del genere non era mai accaduta. Non si comprende il perché si danno indicazioni e direttive alle scuole autonome e si omette completamente il 27 gennaio, la Giornata della memoria”.
L’Anpi, Associazione nazionale partigiani italiani, solleva invece diversi dubbi e chiede al governo e al ministro dell’Interno “di ritirare la circolare e recedere da questa pratica faziosa e pericolosa. Non è certo in discussione la condanna e la giusta memoria delle foibe, ovvero della tragedia dell’esodo, di cui alla legge sul Giorno del ricordo. Ma non è vero che le foibe riguardarono solo gli italiani, che pure furono i più colpiti, e non è vero che si trattò di pulizia etnica. È poi sconcertante che si invitino le scuole alla conoscenza e all’approfondimento di questi temi che riguardano il Giorno del Ricordo, cioè il 10 febbraio, e non ci sia analogo invito per la Giornata della Memoria, istituita per ricordare la Shoah, lo sterminio del popolo ebraico e le leggi razziali. Il silenzio su questa giornata, che peraltro avviene il 27 gennaio, cioè prima del Giorno del Ricordo, a fronte dell’invito a ricordare le sole Foibe, rivela la natura faziosa e strumentale dell’operazione didattica”.
L’entourage del ministero dell’Istruzione, come si legge sul Sole 24 Ore, fa trapelare che l’iniziativa non è dovuta a decisioni prese a viale Trastevere ma semmai al Viminale.