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Fondi Ue per l’istruzione, la maggior parte stagnano. E ora vanno restituiti

C’è anche il comparto dell’istruzione tra quelli che rischiano seriamente di vedersi sottrarre una enorme quantità di fondi europei a causa della loro non utilizzazione. L’allarme giunge direttamente da Bruxelles, che ha destinato all`Italia circa 60 miliardi di contributi a fondo perduto per tutte quelle Regioni, Province e Comuni che hanno presentato progetti coerenti con gli obiettivi del fondo sociale e del fondo per lo sviluppo regionale.
Il problema è che quei fondi andavano spesi per il periodo 2007-2013. Ma in cinque anni e mezzo ne sono stati utilizzati solo per un quarto. Il diktat arrivato nei giorni scorsi dall’Ue è chiaro: se entro la fine del 2012 non sarà speso almeno il 35% della somma complessiva la cifra non impiegata tornerà all`Unione Europea.
“Purtroppo fino ad ora – ha fatto sapere Federdistribuzione – nell`arco di più di cinque anni, questi fondi sono stati impiegati in misura solo pari al 25% del loro ammontare; eppure, si tratta di iniziative in grado di dare un forte impulso alle economie locali: potenziare le infrastrutture di trasporto, promuovere l`innovazione e l`imprenditoria, migliorare l`accessibilità alla società dell`informazione”. Ma soprattutto “investire nel capitale umano migliorando istruzione e competenze”. Che in termini pratici significa soprattutto migliorare corsi di formazione, la preparazione dei docenti e le infrastrutture scolastiche.
Federdistribuzione però non si accontenta. Bisogna veramente rimboccarsi le maniche, perché “se il traguardo del 35% sarà raggiunto occorrerà poi un grande impegno per completare l`utilizzo dei fondi in un solo anno, con il rischio di perdere una grande opportunità. Inoltre fra qualche mese partiranno a Bruxelles i lavori per finanziare il periodo 2014-2010 ed è probabile che i Paesi che non avranno speso tutta la loro dote subiranno un taglio dei fondi disponibili”.
Il problema, secondo Centro Studi di Confindustria negli Scenari economici, non risiede però solo nella scarsità dei fondi: andando a scandagliare le statistiche riguardanti il grado di soddisfazione delle famiglie per i servizi pubblici, Confindustria ha scoperto che è necessario liberare l`Italia dal “piombo della burocrazia”. Questo perché “la rivoluzione del modo di operare della pubblica amministrazione è vitale per il rilancio dell`economia e per il percorso riformista del Paese”.
Secondo gli economisti di viale dell’Astronomia sono diversi i punti su cui tarare l`inefficienza della pubblica amministrazione passa anche per “un`istruzione poco meritocratica nella selezione e nella remunerazione del corpo docente”. Certo, quella di Confindustria sulla scuola è una visione particolare, non certo maggioritaria. Ma pur sempre rispettabile. E in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo l’emergenza dovrebbe essere quella di combattere seriamente gli abbandoni scolastici, nel nostro paese purtroppo ancora quasi percentualmente doppi rispetti alla soglia massima del 10% indicata dalla stessa Ue, appare un fine tutt’altro che secondario.
Ma anche quello di adeguare le buste paga dei docenti italiani, che figurano tra le più “sgonfie” nel vecchio continente, appare un passaggio indispensabile se si vuole riqualificare il comparto dell’istruzioe. Un discorso a parte bisogna fare sul merito, croce e delizia su cui anche il ministro Profumo ha rischiato di macchiare la sua immagine, sinora senza sbavature, di responsabile del dicastero dell’istruzione pubblica. Non a caso, proprio il ddl sul merito scolastico continua a subire rimandi di presentazione in sede di Consiglio dei ministri.
 
Alessandro Giuliani

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