“I dirigenti scolastici sono obbligati rispettare le norme e non possono abusare dei loro poteri”: a dirlo, qualche giorno, fa è stato Luigi Maglio, coordinatore della Gilda di Lodi.
Il tribunale di Lodi ha bacchettato l’Ufficio scolastico regionale lombardo, annullando la sanzione disciplinare inflitta illegittimamente ad una docente, sospesa per un giorno dal servizio e dalla retribuzione: una sentenza che si inquadra in un vero e proprio filone giurisprudenziale, ha spiegato la Gilda, inaugurato dal tribunale di Potenza, dove un dirigente scolastico è riuscito a collezionare ben 7 sentenze di annullamento di altrettanti provvedimenti disciplinari illegittimi.
La Tecnica della Scuola ha intervisto sull’argomento Adriano Fontani, docente toscano di scuola primaria e presidente del Comitato nazionale contro il Mobbing-Bossing scolastico (CO.NA.M.BO.S), che da anni rivendica una legge a tutela dei docenti.
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Maestro Fontani, lei da tempo combatte per denunciare il mobbing contro gli insegnanti: l’impressione è che il fenomeno negli ultimi anni si sia ampliato?
La situazione è peggiorata dal 2005, con l’aumentare dei poteri ai dirigenti scolastici: solo che nel frattempo la scuola si è assuefatta. Al punto che una sommatoria di reati penali (in assenza di uno specifico reato anche di carattere penale si può quindi agire lo stesso) ed un grave illecito civile (con richiesta danni che si può fare perfino entro 10 anni dai fatti), viene considerato dalle gerarchie scolastiche un quasi diritto del preside-manager.
Anche tra gli insegnanti c’è rassegnazione?
Certamente: per la maggior parte dei docenti è una realtà inevitabile, quasi fisiologica. Anzi, per evitarla occorre sempre più farsi “pecore” docili e ubbidienti.
Diversi addetti ai lavori sostengono che il mobbing attuato dai dirigenti è più sottile ma anche più distruttivo per chi lo subisce: è d’accordo?
Le esperienze che ho raccolto quasi vanno nella direzione opposta. Nel senso che con le nuove leggi, che conferiscono ai dirigenti sempre più poteri discrezionali e protezioni ai loro abusi da parte delle gerarchie scolastiche superiori, i presidi commettono abusi sempre più sfacciati ed evidenti. Questo avviene proprio perchè possono contare sull’impunità ‘interna’. Ha mai avuto notizia di un capo d’Istituto sanzionato o rimosso perchè ‘mobbizzava’ un docente, un Dsga o un Ata? Nemmeno io. E solo pochissimi docenti decidono di affrontate la difficile e costosa strada che porta alle procure e ai tribunali.
Quanti casi di mobbing vengono denunciati alle autorità competenti ogni anno?
Pochissimi, percentuali infime. Una esatta è impossibile determinarla, perchè manca uno dei due dati.
Quindi, è impossibile stabilire quanti docenti sono o si ritengono ‘mobbizzati’?
Tanti, ma è impossibile stabilirlo. In compenso abbiamo disponibili delle sentenze civili contro i dirigenti scolastici, emesse dai giudici del lavoro di condanna penale per mobbing o per altri specifici abusi per reati commessi a scuola contro Dsga, docenti ed Ata in ogni zona d’Italia: da Ragusa a Padova, da Cesena a Latina, da Forlì ad Avezzano, da Roma a Torino.
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Qual è il caso più assurdo di mobbing contro i docenti di cui è venuto a conoscenza?
È una risposta difficile, ma solo perchè ce ne sono tanti: si tratta di singoli abusi, che rientrano comunque nei casi di mobbing.
Se ne ricorda qualcuno?
Certamente. Ricordo di una professoressa sanzionata per aver creato disorganizzazione alla scuola, per non aver comunicato in anticipo, ma solo la mattina stessa, l’improvvisa morte notturna del padre per cui chiedeva i tre giorni per lutto. E anche di un maestro che venne allontanato dalla sua scuola per “incompatibilità ambientale”, nonostante non avesse contro neppure un solo genitore e che anzi tutte le famiglie si fossero mobilitate con ripetute assemblee, raccolte di firme e petizioni perché restasse ad insegnare ai loro figli, e nonostante che i vertici scolastici sapessero bene che cacciandolo avrebbero condannato quelle classi prime ad un continuo cambio di docenti negli anni successivi. Perchè quel maestro erano l’unico di ruolo ed abitante in loco.
Tra gli episodi più curiosi?
C’è sicuramente l’anziana docente sanzionata per aver fatto uscire gli alunni al suono della campanella, come aveva fatto per decenni, mentre il dirigente aveva appena stabilito da circolare che dovevano uscire solo quando lui fischiava, tipo il capostazione.
Ha invece avuto modo anche di riscontrare casi di docenti ‘amici’ dei dirigenti non sanzionati?
Sì. Ricordo di una vicenda accaduto nella stessa scuola e nello stesso mese: la dirigente sanzionò un docente per “omessa vigilanza” per una ventina di secondi passati a parlare con il collaboratore scolastico alle 8.30. Ma poi non sanzionò la collega docente (mentre la docente parlava con altre tre colleghe e la stessa preside), che si fece scappare un alunno nel cortile, da un buco della rete: il bimbo andò a casa da solo e la mamma lo riportò a scuola.
Come si dovrebbe comportare un docente che si sente vittima di mobbing nella sua scuola?
Registrare, registrare, registrare: audio e video, ogni attività scolastica ed ogni suo contatto, anche solo telefonico, con la scuola di appartenenza. Soprattutto le ispezioni subite. Il registratore dovrebbe diventare un fedelissimo amico dei docenti. Chi vuole difendersi sino in fondo, farebbe bene a scaricarsi le registrazioni al computer e a creare un archivio cronologico e tematico.
Ma non si sta un po’ esagerando?
Non direi. Si tratta di pratiche validissime e legittime, senza bisogno di dover avvertire la controparte. E, in determinate circostanze ed a determinate condizioni, sono valide perfino se fatte come intercettazioni in assenza di chi le fa.
È sicuro di questo?
Certo. Proprio in un processo a mio carico per “calunnia” contro un ispettore scolastico è stato stabilito questo importante precedente giurisprudenziale e sono stato assolto il 22 ottobre scorso, proprio grazie alla prova determinante di questo tipo di registrazioni.
L’ultima domanda riguarda la legislazione sulla materia: secondo lei, dove essere migliorata?
Il punto è che ad oggi manca lo specifico reato di mobbing nel nostro codice penale, col vantaggio che permetterebbe di invertire l’onere della prova. Ma, ripeto, per fare mobbing nella pubblica amministrazione, si devono commettere almeno tra i due e i quattro reati insieme: in questo caso anche ora si può procedere penalmente.
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