Oltre 6 milioni di famiglie non usano Internet a casa. È quanto emerge dai dati del Rapporto annuale di Istat che rende evidente come sia forte il gap dell’Italia rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europea dove risulta un tasso medio di utilizzo di Internet dell’85%, almeno dieci punti percentuali in più rispetto al nostro Paese.
Oltre il 24% delle case italiane è off line quindi, in particolar modo a soffrire questo isolamento digitale sono i nuclei familiari costituiti in prevalenza da anziani e da persone con basso titolo di studio.
Molto forti anche le differenze territoriali, ad esempio il 30% delle famiglie che non usa Internet è localizzato principalmente al sud e nei comuni piccoli con meno di qualche migliaia di abitanti.
Il Rapporto ha evidenziato, inoltre, enormi difficoltà da parte del 45% dei ragazzi per la didattica a distanza dovuta a vari motivi tra cui l’assenza o la carenza di strumenti informatici adeguati all’interno della propria famiglia.
Il forte divario digitale tra le famiglie è dipeso da molteplici fattori sociali e territoriali come detto. Di fatto si salvano le famiglie che hanno almeno un componente con un mimino di competenze digitali per studi per necessità lavorative e che fa degli strumenti digitali un uso abituale.
Come evidenziato nel Capitolo 5 del rapporto l’Italia “ha affrontato questo shock partendo da una situazione di svantaggio consistente”, shock legato alla rottura strutturale nei percorsi di sviluppo dei sistemi di apprendimento dovuto all’emergenza sanitaria.
“In questi anni difficili il nostro Paese ha con fatica continuato a progredire nell’istruzione, nella diffusione di modelli organizzativi più avanzati e nell’uso delle tecnologie nell’economia, nella pubblica amministrazione e nella vita quotidiana degli individui” si legge nel report, ma il confinamento domiciliare ha evidenziato lo svantaggio consistente rispetto alla media UE in termini di digital divide, visto anche l’adeguamento in corsa dell’apprendimento a distanza fatto dalle scuole.
Lo shock, continua il rapporto “ha avuto l’effetto positivo di evidenziare che era già possibile avviare un necessario cambio di passo, imparando a sfruttare su larga scala le tecnologie disponibili.”, ha però evidenziato il ritardo del nostro Paese e l’esigenza di avere un decisivo cambio di passo perché lo sviluppo della nostra economia post covid dipenderà anche dalle infrastrutture e dall’uso delle tecnologie.
C’è anche l’opinione diffusa, con numeri a supporto, che vedono invece proprio la tecnologia l’artefice della disoccupazione. Si parla di “technology tensions”, cioè l’endemico bisogno di crescita alla base della evoluzione digitale che però non è in grado di cogliere i reali bisogni dei lavoratori
Serve dunque il cambio di passo della rivoluzione digitale senza perdere di vista le esigenze di chi deve operare con la tecnologia e senza perdita di posti di lavoro.
La tecnologia deve supportare, aiutare e non sostituire l’uomo.
E nel frattempo creiamo nei ragazzi la cultura digitale per prepararli al ”nuovo mondo”