Formazione come diritto o come obbligo?

Si legge nell’art 1 ( unico ) comma 124 della legge 107/15: “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente,la formazione in servizio dei docenti di ruolo e’ obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorita’ nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Si legge, invece, nell’art. 64 del C.C.N.L 2007, ancora vigente: ”La partecipazione ad attività di formazione e di aggiornamento costituisceun diritto per il personalein quanto funzionale alla piena realizzazione e allo sviluppo delle proprie professionalità.”

Ho inserto questi due rimandi, perché ritengo importante ragionare sui documenti e non sulle chiacchiere, fornendo, mi auguro, alcune chiare indicazioni. Entriamo nel merito. Formazione come diritto o come obbligo?

Tra i due testi normativi, occorre tener presente la legge Brunetta (2009). Questa ha stabilito che la fonte primaria per una categoria non è più il contratto di lavoro, bensì la legge. In termini tecnici questo si declina con l’espressione  “decontrattualizzazione del profilo giuridico” dell’insegnante. Questo principio non è retroattivo, ma varrà dal prossimo contratto. Pertanto, al momento vige ancora il principio che la norma di riferimento è il contratto. Il diritto alla formazione, quindi, diventa anche dovere se il Collegio dei docenti approva un piano di formazione.

Ma altri problemi esistono intorno alla formazione. Il Miur coerente con la sua logica “economica”perseguita in questi ultimi tempi (e non solo), dichiara che la formazione è a totale carico del docente, “dimenticando”, inoltre,  che se le ore superano quelle stabilite dalle attività di funzionali di insegnamento 40+40   ( art 29 – Contratto giuridico 2007 ), queste vanno retribuite.

Personalmente sono un sostenitore della formazione per i docenti. In alcuni casi sono discente, in altri  rivesto la funzione di formatore. Ritengo che il nostro profilo professionale necessiti della continua linfa della formazione, che ovviamente non può essere identificata con gli incontri di un corso di aggiornamento, ma il Piano di Formazione, come tante altre in questo periodo, si inserisce in un contesto fortemente negativo.

Mi riferisco alla “rabbia inespressa” da molti miei colleghi sul mancato rinnovo contrattuale, alle peggiorate condizioni organizzative di lavoro ( penso alle classi pollaio o superpollaio ), alla “separazione” sociale dei docenti che si traduce in  opposizione, critiche, sospetti e luoghi comuni … da parte dell’utenza, al disprezzo espresso da alcuni giornalisti come F. Rondolino, alle dichiarazioni superficiali e offensive della Giannini. Alle dimenticanze di D. Faraone…  

A questo si aggiunge la “scoperta” del “dark side” della legge 107/15 costituita da nuovi obblighi e funzioni, però a costo zero o quasi. Da qui la sensazione di essere sotto assedio.
A mio parere occorre dare dei segnali concreti di attenzione  verso i docenti, diversamente la “rabbia inespressa” dei docenti diventerà resistenza passiva, decretando la morte della scuola. E’ questo che vuole il Miur?

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