Il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato un investimento di 450 milioni per la formazione degli insegnanti per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di personalizzare la didattica. Tuttavia, questa visione della scuola appare inadeguata perchè la prospettiva strategica è assente. E’ fondamentale ricordare che le pratiche didattiche non rappresentano il nucleo portante del servizio scolastico; esse sono, piuttosto, strumenti funzionali al perseguimento dei traguardi educativi.
Questo principio è scandito dalla legge 12/2020, che ricorda il compito della scuola: “lo sviluppo delle capacità e delle competenze, attraverso conoscenze e abilità, coerenti con le attitudini e le scelte personali degli studenti”.
L’avvento dell’intelligenza artificiale sta inoltre modificando il ruolo del docente, che ora si confronta con studenti dotati di un “assistente virtuale” in grado di consultare una biblioteca potenzialmente infinita e di rispondere ai quesiti posti. Il traguardo educativo principale, in questo contesto, riguarda la promozione della capacità di percepire formulare problemi: gli studenti devono sviluppare il pensiero critico e autonomo, riconoscendo la strumentalità delle nuove tecnologie informatiche.
Il campo della formazione dei docenti risulta quindi chiaramente definito: si tratta di analizzare la disciplina di competenza per svelare i problemi che le conoscenze disciplinari hanno risolto, attraverso l’applicazione rigorosa dei metodi di ricerca, propri del relativo campo conoscitivo. Questa dilatazione dell’immagine delle discipline permetterà di superare la staticità tradizionalmente fornita dalla scuola, grazie alla progettazione di occasioni d’apprendimento stimolanti e motivanti. Un esempio è online: “La cultura
informatica per promuove competenze”.
Enrico Maranzana