Il non sempre adeguato livello dei corsi di formazione obbligatoria rivolti agli insegnanti si deve anche alle cifre ridotte che percepiscono gli esperti formatori.
È il parere espresso da Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, nel corso della trasmissione “L’angolo del direttore” andata in onda il 2 maggio su Radio Cusano Campus.
“Gli esperti che si propongono e vengono selezionati per svolgere formazione agli insegnanti, vengono pagati 42 euro l’ora, praticamente poco più di 20 euro netti”, perché si rifanno ad una vecchia legge del 1995, ha ricordato il nostro direttore.
“Per un corso di una decina d’ore, i formatori dei docenti percepiscono quindi 200 euro netti, da ‘spalmare’ anche su 4-5 lezioni” svolte su più giorni e che devono quindi coprire anche i costi per raggiungere le scuole.
“Con queste cifre, è difficile che si possano proporre alle scuole esperti di alto livello o di caratura universitaria. Come invece sarebbe logico, visto che i formatori devono impartire conoscenze e competenze ad una categoria composta in prevalenza da insegnanti laureati e abilitati”.
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“È purtroppo difficile – ha detto ancora il direttore – che la situazione possa migliorare, visto che l’impegno economico per finanziare le disposizioni introdotte dal comma 124 della Legge 107/2015 è già stato prefissato: riguardando un numero altissimo di insegnanti, tutti quelli di ruolo, circa 700mila, incrementare il compenso orario da assegnare ai formatori significherebbe contare su ulteriori finanziamenti statali cospicui. Che in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo, a livello di bilancio statale, molto difficilmente potranno realizzarsi”.
Durante la trasmissione, Giuliani ha commentato l’esito delle primarie del Pd (“i candidati si sono tutti smarcati dalla riforma, ma viene da chiedersi perché meno di due anni fa la Legge 107 fu votata in modo compatto”); la prossima adozione dei decreti legislativi (“a giorni saranno firmati dal Quirinale e pubblicati in Gazzetta Ufficiale, con dei contenuti e delle azioni sul piano pratico per forza di cose conseguenziali rispetto alla legge madre”); le prove Invalsi, al via il 3 maggio, che anche quest’anno saranno caratterizzate da scioperi “organizzati sempre dai sindacati di base, con la novità dell’appoggio alla protesta del Movimento 5 Stelle, il quale tra aprile e maggio ha annunciato di voler cancellare i test nazionali standardizzati qualora con l’inizio della prossima legislatura il partito ora all’opposizione riuscisse ad andare al Governo”.
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