Quanto, in termini di tempo e soldi, investono sulla formazione e l’aggiornamento i docenti delle scuole italiane? Sono soddisfatti dell’offerta formativa loro proposta? Come si pongono rispetto al digitale? Per tastare il polso della situazione e capire qual è la posizione degli insegnanti in merito questi temi e alla digitalizzazione sempre più spinta, la Gilda degli Insegnanti dà la parola ai diretti interessati con un sondaggio online aperto lo scorso 21 marzo al quale è possibile partecipare fino all’11 aprile.
Il sondaggio chiede ai docenti quante ore sono impegnati mediamente ogni anno scolastico per la formazione e l’aggiornamento, quali corsi prediligono, se ritengono utile la carta del docente. Si cerca anche di strappare ai partecipanti una riflessione sulla ricaduta della formazione digitale sull’apprendimento degli alunni e sulle conseguenze dell’aggiornamento nella loro didattica.
Ricordiamo che entro il 31 dicembre 2024, il ministero dell’Istruzione e del Merito mira ad insegnare a 650.000 tra docenti, dirigenti scolastici, DSGA e ATA come “essere digitali”, parafrasando il titolo del libro, divenuto una pietra miliare, con cui 30 anni fa il visionario Nicholas Negroponte prefigurava la rivoluzione tecnologica nella quale siamo attualmente immersi.
Elisabetta Mughini, dirigente di ricerca e responsabile avanguardie educative Indire, presente a Fiera Didacta 2023, ha discusso proposito dell’approccio dei docenti con la tecnologia: “Già da dicembre ci siamo resi conto che poteva esserci un disorientamento. Gli investimenti sono cospicui, le progettazioni richieste dovevano essere un’occasione colta dalle scuole. Alcuni dirigenti si sono incamminati in questo percorso di trasformazione della didattica, dal punto di vista dello spazio, delle metodologie, del tempo. Questo a scuola non può ridursi all’ora di lezione ma deve essere un tempo più disteso proprio per permettere questo coinvolgimento e permettere un apprendimento che diventa un’esperienza di formazione significativa. Le scuole di avanguardie educative sono 1490 e sono molte le scuole polo che fanno da hub regionali. Alcune scuole fanno da capofila e aprono le proprie porte ad altre scuole che vogliono imparare proprio da chi ha già fatto un’esperienza simile. Le metodologie che promuoviamo sono incentrate sulla tecnologia, che è buona parte degli investimenti del Pnrr. Ma abbiamo bisogno non solo di immettere nuove tecnologie e nuove risorse ma abbiamo bisogno di formare i docenti e sostenerli in una sfida globale. La società che ci circonda è complessa e può disorientare se allo studente non si collega il saper essere e il saper fare e il mondo del lavoro”.
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