Il PNRR, con le sue ingenti risorse, è da mesi al centro del dibattito politico e sindacale; tutti si aspettano che le misure previste dal Piano servano ad avviare un processo virtuoso di riforma, ma la sensazione che ne abbiamo è che ci sia ancora un po’ di confusione.
A dipanare la matassa ci prova adesso la segretaria generale di Cisl Scuola che sottolinea come sull’intera operazione manchino l’informazione e soprattutto il coinvolgimento delle parti sociali.
Secondo Gissi ciò che sta accadendo “è ben lontano dall’impegno assunto in modo esplicito nel Patto per la Scuola al centro del Paese, di ‘innescare processi di innovazione partecipata’ nell’ambito dei quali porre le condizioni perché sulle questioni affrontate si proceda attraverso la ricerca di soluzioni condivise.”
“Il Patto sottoscritto fra le organizzazioni sindacali e il Governo – ricorda la segretaria generale – individua il sistema delle relazioni sindacali come snodo funzionale cruciale per lo sviluppo di nuovi modelli di organizzazione del lavoro”.
“Per quanto ci riguarda – conclude Maddalena Gissi – noi siamo pronti da subito a confrontarci, chiediamo che sul dossier PNRR sul sistema di istruzione si apra immediatamente una fase di dialogo, che non può più attendere, con le organizzazioni sindacali firmatarie del Patto. Su questioni come il reclutamento e il trattamento economico del personale (tanto per citare due temi ricorrenti sui mezzi di informazione) occorre tenere fede agli impegni sottoscritti e promuovere la più ampia condivisione”.
Come abbiamo scritto più volte i fondi del PNRR non possono essere utilizzati, come qualcuno sperava, per incrementare gli stipendi del personale; addirittura c’è stato anche chi ha pensato che i fondi potessero essere impiegati per aumentare le risorse contrattuali. Così non è, ma forse potrebbe esserci una strada (e probabilmente Cisl Scuola sta pensando proprio a questa possibilità): il PNRR sottolinea con il ruolo centrale della formazione continua del personale della scuola e dei docenti in modo particolare. Allora, forse, si potrebbero usare la quota destinata alla formazione per sostenere l’attività dei docenti impegnati proprio nella formazione. E’ una possibilità che va però verificata e probabilmente anche concordata con gli organismi dell’Unione europea.