Le attività formative devono essere ricomprese nell’orario di lavoro, è quanto ha stabilito la Corte di Giustizia Europea (CGUE) con sentenza depositata il 28 ottobre 2021. I risvolti della pronuncia nel comparto scuola. In particolare: a) la formazione per il sostegno; b) la formazione obbligatoria per i neo immessi in ruolo.
Il problema della retribuzione dei periodi di formazione
Nel caso sottoposto alla Corte, un dipendente era stato impegnato in attività di formazione per un orario molto superiore a quello del normale orario di lavoro (i corsi si tenevano anche di domenica).
La sua richiesta di pagamento delle ore aggiuntive, quali “straordinario” era stata rigettata dal Giudice nazionale, in quanto la legislazione si limitava a prevedere che durante il periodo di formazione il dipendente doveva essere retribuito, nulla prevedendo nel caso in cui l’impegno orario nelle attività formative fosse superiore a quello previsto per l’attività lavorativa.
La decisione della Corte
La Corte ha precisato che:
per “orario di lavoro”si intende qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni;
per “periodo di riposo”si intende qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro.
Pertanto, quando un lavoratore deve ricevere una formazione professionale si deve considerare che, durante i periodi di tale formazione, il lavoratore si trova a disposizione del suo datore di lavoro.
È dunque irrilevante che la formazione avvenga in forza di una legge o che si svolga, in tutto o in parte, al di fuori del normale orario di lavoro.
Nel ricordare che le disposizioni della direttiva 2003/88 non possono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva a detrimento dei diritti del lavoratore, la Corte ha affermato che “il lasso di tempo durante il quale un lavoratore segue una formazione professionale impostagli dal suo datore di lavoro, costituisce «orario di lavoro»”.
Le conseguenze della pronuncia nel comparto scuola
Sebbene la sentenza non riguardi direttamente la scuola, l’applicazione del principio enunciato non può ritenersi priva di effetti per il personale scolastico.
1) La formazione per il sostegno
Com’è noto, la legge di Bilancio 2021 ha previsto una formazione obbligatoria di 25 ore sulle tematiche inclusive per i docenti impegnati nelle classi con alunni con disabilità.
In applicazione di tale legge, è stato dapprima emanato il DM 188/2021 e successivamente la nota 27622 del 6 settembre 2021, che prevede il coinvolgimento nell’attività formativa anche dei docenti precari, con la precisazione che “l’attività formativa è svolta in costanza di rapporto di lavoro e non determina oneri aggiuntivi”.
Alcune organizzazioni sindacali hanno impugnato tale nota di fronte al Tar, ritenendo che la materia sia oggetto di contrattazione sindacale e non può essere disciplinata unilateralmente dal Ministero.
La pronuncia della CGUE potrebbe contribuire a rafforzare le posizioni delle organizzazioni sindacali ricorrenti, nel momento in cui si afferma che la formazione fa parte a pieno titolo dell’attività lavorativa.
2) La formazione obbligatoria per i neo immessi in ruolo
Com’è noto, tutti i docenti neo assunti sono tenuti a svolgere almeno 50 ore di formazione, suddivise in varie attività (laboratori, momenti di osservazione in classe, formazione on-line, ecc.).
Tali attività risultano aggiuntive rispetto a quelle svolte dagli altri colleghi e non rientrano nelle normali attività di formazione deliberate dal collegio dei docenti.
L’obbligo di svolgimento di tali attività discende direttamente dalla legge 107/2015 e dai successivi decreti attuativi.
Però, poiché- come si è visto- per la Corte Europea è irrilevante che la formazione avvenga in forza di una legge, anche tale attività va considerata lavoro a tutti gli effetti.