Il Piano di formazione emanato dal Ministro prevede l’obbligatorietà della formazione, senza però fornire alcuna chiara indicazione sulla quantità di ore obbligatorie.
A sottolinearlo è l’Usb Scuola, che – a seguito dell’avvio del progetto previsto dalla Buona Scuola – si fa portavoce di “continue richieste di chiarimento da colleghi preoccupati di quello che tale piano può comportare, anche e soprattutto perché i Dirigenti Scolastici stanno operando pressioni sui Collegi Docenti per approvare piani di Formazione di Istituto”.
Il sindacato di base se la prende anche con i ds, il cui “motto” sarebbe diventato: “è meglio portarsi avanti che rischiare di trovarsi impreparati!”.
L’Usb Scuola, inoltre, fa alcune osservazioni preliminari e fornisce alcune indicazioni operative ai colleghi per potersi difendere da quello che sembra configurarsi come un vero e proprio attacco alla libertà di insegnamento.
Le proponiamo ai nostri lettori così come ci sono pervenute.
- Il piano è calato dall’alto del Ministero sui docenti, senza alcuna chiamata in causa di chi la scuola la vive e la fa ogni giorno. A giustificazione di questa pratica scorretta, si utilizzano i dati raccolti dai portofolio dei neoassunti degli ultimi anni, ovvero dati che siamo stati obbligati a fornire e che non sapevamo sarebbero utilizzati in questo modo;
- Il piano definisce in modo autoritario ed estremamente burocratico quali siano gli ambiti di formazione, che devono rispondere alle priorità nazionali (lingue, competenze digitali, inclusione e integrazione, didattica per competenze, autonomia), ma anche a quelle delle singole scuole o delle reti di scuole (in base ai piani di miglioramento) e infine a quelle di ogni singolo docente. È evidente che pensare di mettere d’accordo tutte queste istanze, risulterà estremamente difficile. Il risultato sarà l’imposizione dei percorsi formativi e degli enti presso i quali svolgerli, da pagare con i 500 €, configurando una “partita di giro”, i cui elementi corruttivi crediamo siano chiari a tutti.
- Nel piano, le discipline appaiono assolutamente in secondo piano, mentre grande rilievo assumono tutti gli aspetti collaterali, metodologici e tecnici, sempre e ancora nella direzione di renderci ottimi tecnici della didattica, ma non docenti che formano menti e spiriti critici;
- Il piano è strettamente collegato alla raccolta dei portfolio formativi del corpo docente, ovvero va ancora e sempre nella direzione di una aziendalizzazione e di una sorta di schedatura del corpo docente: quali percorsi e perché dovrebbero valere più di altri? Come saranno utilizzati i dati raccolti su ognuno di noi? Evidentemente si stabilirà una relazione fra percorsi formativi e progressioni di carriera.
- Il piano non riporta in alcun passaggio un’indicazione chiara della consistenza di questi percorsi formativi obbligatori. Le ultimissime indiscrezioni parlano di obbligatorietà sui percorsi ma non sul numero di ore
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“In un contesto così ambiguo e autoritario ci sentiamo di indicare come unica strada la resistenza verso l’applicazione di tale piano. In questo senso – continua l’Usb Scuola – consigliamo a tutti di non deliberare alcun Piano Formativo, tanto meno obbligatorio, nel corso dei collegi docenti e di attendere i decreti attuativi che si spera possano chiarire meglio questa situazione che si profila come l’ennesima imposizione dall’alto su un corpo di lavoratori già provato ed oberato”
“A tal proposito ricordiamo che quella in oggetto è materia di contrattazione nazionale e che solo il contratto stabilisce in che termini e modalità un docente si debba formare, ma anche che la libertà di insegnamento prevista dalla Costituzione ci permette “ancora” di scegliere come, dove e quando vogliamo formarci”.
Il sindacato, inoltre, sostiene che in alcune scuole in cui sono presenti le proprie Rsu si sta “cercando di affrontare la questione in maniera più attiva, indirizzando il collegio verso percorsi di formazione in grado di ribaltare senso, metodi, strumenti della formazione, in una direzione critica rispetto alla scuola delle competenze”.
“Stiamo premendo – continua l’Usb – perché questi percorsi si svolgano in orario di servizio, così come oggi prevede il contratto. Lo stiamo infine facendo nell’ottica dell’autoformazione dei lavoratori della scuola, accettando il terreno di scontro che si sta profilando con l’imposizione di modelli standardizzati di insegnamento”.
Poi l’appello finale: “siamo a disposizione di chiunque voglia provare ad aprire nella propria scuola questa importante discussione”.
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