Prima di sciogliere le nostre riserve aspettiamo di avere in mano il decreto sul piano triennale di formazione, ma – per il momento – la nota ministeriale del 7 gennaio (Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale della formazione del personale) sembra aprire qualche prospettiva apprezzabile.
Il documento potrebbe persino piacere alle organizzazioni sindacali, dal momento che in almeno due punti si sottolinea la neccessità di fare riferimento alle relazioni sindacali per la concreta attivazione delle diverse iniziative.
L’aspetto più interessante, a parere di chi scrive, è che la nota sembra voler “sburocratizzare” l’attività di aggiornamente e formazione. Insomma l’aggiornamento obbligatorio che hanno in mente al Ministero non è più quello in auge negli anni ’90 quando i docenti dovevano mettere insieme 100 ore in un sessennio per avere diritto allo scatto stipendiale.
Sotto questo aspetto la nota è chiara: “Non si tratta di obbligare i docenti a frequentare per un certo numero di ore corsi di aggiornamento routinari e basati essenzialmente su conferenze, ma di impegnarli in percorsi significativi di sviluppo e ricerca professionale”.
Ma in concreto come sarà possibile documentare e certificare in qualche misura l’impegno di ciascun docente?
La nota dà una risposta che sollecita le scuole a valorizzare gli spazi offerti dalle norme sulla autonomia: “In coerenza con questa pluralità di modalità, il Miur, le scuole e i responsabili delle diverse iniziative individueranno sistemi e modalità per il monitoraggio della qualità e dell’efficacia delle attività formative svolte dai docenti. Questa prospettiva implica la progressiva costruzione di un sistema di autovalutazione della propria formazione”.
Il documento preannuncia anche che l’imminente decreto ministeriale metterà bene in evidenza il ruolo che potranno giocare le reti di scuola e propone una riflessione che non va sottovalutata: “La rete può consentire economie di scala ma soprattutto stimola un confronto culturale e di pratiche, decisivo per far crescere l’insieme delle scuole”.
Insomma le intenzioni sembrano buone, vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi.
Resta il fatto che, contrariamente a quanto era accaduto con il decreto Carrozza di due anni fa, questa volta i soldi ci sono: 40 milioni di eiuro per le iniziative promosse dal Miur, dagli USR e dalle scuole e più di 350 milioni assegnati direttamente ai docenti con il “bonus” di 500 euro già accreditato a tutti.
Le riserve, però, ci sono e riguardano soprattutto la reale capacità del Miur e delle scuole di dare vita ad un programma di aggiornamento e formazione innovativo ed efficace ma libero da vincoli burocratici.