“Dopo le minacce a mia figlia ho pensato di dimettermi”, ha detto pure durante l’intervista. E poi ha proseguito: “Un welfare che poggia su politiche di debito non è più sostenibile. Quando un edificio ha larghe crepe, occorre metterlo subito in sicurezza. E’ vero, la riforma delle pensioni, ispirata a criteri di sostenibilità finanziaria e di equità tra le generazioni, è stata severa. L’Italia ha un buon patrimonio di politiche del welfare. Noi non vogliamo rinunciarvi, ma metterlo in sicurezza, su buoni presupposti”. Parlando poi del debito pubblico ha spiegato: “Il debito non si basa solo sui Bot e sui Cct, ma anche sulle tante facili promesse della politica, che scaricava il conto su chi sarebbe venuto dopo. E cioè le nuove generazioni, i nostri figli e nipoti. Questa non e’ equita’ tra le generazioni. E la riforma delle pensioni mira a ristabilire l’equilibrio, passando dalla formula retributiva a quella contributiva”.
Sulla grande diversità degli importi corrisposti ai pensionati, la Fornero ha dichiarato: “Nella previdenza, la pensione deve corrispondere ai contributi versati durante la vita lavorativa. Ma se la pensione e’ povera e non permette di arrivare alla fine del mese, allora va integrata con risorse pubbliche, in modo trasparente e corrispondente all’equità”.
E, a proposito dell’insufficienza delle politiche di sostegno alla famiglia e all’occupazione dei giovani, confessa: “Io ci credo nella famiglia… ma la coperta è troppo corta”. Mentre sulla drammaticità della disoccupazione giovanile che in Italia ha raggiunto un giovane su tre e sul tragico fatto che le famiglie ormai sono allo stremo, si è così espressa: “Io ci credo nella famiglia, non soltanto sul piano personale, ma anche come fondamento per la società. Il futuro dei giovani dipende dai valori, dalle cure e dalle attenzioni che ricevono in famiglia. Abbiamo sempre cercato, forse in maniera inadeguata rispetto alla difficoltà che vivono le famiglie, di dare un’impronta familiare ai nostri provvedimenti. Anche nell’Imu abbiamo tenuto presente il numero dei figli. Ma il problema e’ la mancanza di risorse. La coperta è troppo corta”. Su cosa fare allora per le famiglie, la ministra è stata chiara: ritornare alla social card. “E’ una misura importante, di fatto l’unica di contrasto alla povertà assoluta. Abbiamo per quest’anno un finanziamento di 40 milioni di euro. Ma vorremmo portarlo a 150 milioni”. E per i giovani ha affermato che essi “Sono al centro della nostra riforma del mercato del lavoro. Tutti i fondi che avevo li ho messi a disposizione per l’occupazione dei giovani. Anche se mi vengono attribuite cose che non ho detto”. P er esempio la faccenda dei ”choosy, cioè ”schizzinosi”.
“In questo Paese la buonafede è sempre messa in discussione. Nel mio intervento ho fatto riferimento a quello che dicevo, da professore, ai miei studenti, ossia di non essere troppo esigenti con il primo lavoro. Ma ho anche aggiunto che semmai i giovani sono stati choosy, oggi non lo possono più essere, dato che hanno a disposizione soltanto lavori precari. La traduzione di choosy in ”schizzinosi” non è del tutto corretta. Ma quel che è peggio è che è stata estrapolata da un contesto nel quale avevo parlato per circa mezz’ora di precariato e di quanto la riforma ha fatto per ostacolarlo. La riforma del lavoro mira a realizzare un mercato inclusivo.
Per tirare dentro quelli che sono ai margini: giovani, donne e anche lavoratori anziani. Per realizzare questo obiettivo abbiamo diversi strumenti, a cominciare dall’apprendistato, per avvicinare i giovani al mondo del lavoro. E ridurre le distanze tra scuola e lavoro. Siamo in una grave recessione. E la riforma è fatta per agganciare la ripresa. Senza derogare dal rigore finanziario. Altrimenti, non facciamo un buon servizio per la crescita del Paese. Quando la ripresa si manifesterà vogliamo farci trovare pronti. Soprattutto, per dare una speranza ai giovani”.
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