Fortuna Loffredo, il mostro e l’omertà

Fortuna Loffredo, una bambina di sei anni, violentata e lanciata dall’ottavo piano di un condominio, nel giugno 2014, da Raimondo Caputo, camorrista. Presunto assassino, un anno prima, anche di un altro bambino, Antonio Giglio, di due anni, figlio della sua convivente, anche lui precipitato nel vuoto dal settimo piano dello stesso edificio.

Ci troviamo nel terribile palazzo degli orrori, all’isolato numero 3, a Caivano, una periferia di Napoli, all’opposto di un altro quartiere malfamato, Scampia. Qui, degrado sociale generalizzato. Prima ancora interiore che esteriore. Traffico a fiumi di cocaina, crack, hashish, eroina.

Un affare che rende ai singoli camorristi 300.000 euro al mese. Droghe che sono rivendute, a prezzi concorrenziali, da concessionari con postazioni lottizzate, costretti a pagare il loro angolo di territorio circa 500 euro al giorno. Siamo in un contesto sociale di paura ed omertà, dentro una rete generalizzata di complicità. Molti bambini sono nati in situazioni di più relazioni intrecciate. Vivono dentro famiglie dove violenza ed insensibilità regnano incontrastate. Ben cinquecento bambini, abusati o molestati, vengono da questo luogo. E nessuno parla! Qui la violenza, specie quella sessuale sui deboli, è costume.

Un bambino che viene trovato morto, riverso nel cortile non provoca pietà ma improvvise reazioni di allontanamento. Una bambina raccolse la scarpetta della piccola Fortuna sul cemento e la portò a sua madre. Ma questa la nascose. Rassicurò la figlia dicendole che l’angoscia che provava, col tempo, le sarebbe passata. Tanto che gli psicologi hanno scoperto l’orrore di Caivano, allontanando per qualche tempo i bambini dalle famiglie ed analizzando i loro disegni. Ma com’è possibile! Questo è un altro mondo. Questa non è Italia! Invece, purtroppo, è Italia!

La stessa che ci propongono ogni giorno le immagini incredibili dei bambini e degli anziani picchiati, umiliati … Dei medici che giocano ad introdurre nelle vene dei vecchi grossi aghi o che condannano a morte un neonato, fra uno scherzo e l’altro. E non solo al Sud, dove il tessuto sociale è come un organismo soggetto a degenerazioni tumorali estese. Dove sembra di assistere a regressioni paurose nelle tenebre di un lontano passato pagano, – mai completamente sconfitto – in cui la vita, specie quella di un bambino,valeva molto poco. Tutto questo non è nemmeno solo paganesimo.

In epoca cristiana, o post-cristiana, si chiama “infamia”: un fenomeno che si definisce dalla mescolanza di viltà sui deboli, aridità affettiva, oscuramento valoriale, delirio di onnipotenza, superamento ad oltranza dei limiti consentiti anche nel crimine. Tant’è che sono stati proprio gli ergastolani ad assalire Raimondo Caputo nella sua cella, tentandone il linciaggio. Il paganesimo, afflitto dal sentimento dell’assurdità dell’esistenza (tedium vitae), fu sconfitto, due millenni or sono, da un’idea inedita, originale, generatrice: quella dell’amore di Dio. Anche noi abbiamo bisogno di un’idea nuova, pura, sorgiva. Di una nuova bellezza che generi una nuova bontà ed una nuova verità. Nuova ed antica. In questo caso, a mio parere, questa nuova idea, questo modello rinnovatore, è l’innocenza violata di tanti bambini. Lo sguardo di un bambino è più forte di tutto il male del mondo. Parla al cuore più di tante parole. Ci riporta, ogni volta, alle origini.

All’ottimismo, alla purezza. E’ lo sguardo fiducioso e dolcissimo di Fortuna Loffredo che ci salverà dai mille mostri che ci condannano alla depressione, al sentimento d’impotenza. Sì, sono sicuro che il martirio di Fortuna, di Antonio, di mille altri, non è inutile. 

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