Qualche giorno fa abbiamo annunciato l’arrivo della proposta di legge contro lo sharenting e lo sfruttamento delle immagini dei minori sui social presentata alla Camera, frutto di un minuzioso lavoro condotto dalla social media strategist e giornalista Serena Mazzini.
Questo tema, oltre agli influencer, riguarda anche molti docenti. Ecco le parole di una maestra content creator: “Ho sempre cercato di tutelare i bambini non esponendoli mai. Sono certa che se avessi fatto diversamente oggi avrei il doppio dei followers. Se avessi parlato di più del mio lavoro, anche. La propaganda anti esposizione è una cosa che faccio da quando ho messo piede nella scuola, cerco di parlarne con i genitori dei bimbi che percepisco essere eccessivamente fruitori di piattaforme, cerco di sensibilizzare alla sovra esposizione ma anche alla sovra stimolazione a cui al giorno d’oggi i miei alunni sono costretti. Magari adesso il follow alla mamma influencer lo toglierei, visto che la maggior parte monetizza tramite l’immagine dei figli”.
La proposta di legge sbarcata alla Camera dei deputati si intitola “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni”, ed è stata presentato da Alleanza Verdi-Sinistra a firma degli onorevoli Angelo Bonelli, Luana Zanella, Elisabetta Piccolotti e Nicola Fratoianni.
Come riporta La Repubblica, il testo fa riferimento ai pericoli impliciti allo sharenting che vanno dal rischio di sfruttamento commerciale alla pedopornografia. I tre articoli di cui si compone la Pdl puntano a tutelare maggiormente la privacy dei piccoli: non vietano la loro esposizione mediatica ma la limitano, introducendo per esempio l’obbligo di informare AGCOM con una dichiarazione che dev’essere sottoscritta da entrambi i genitori. Nel caso di guadagni ottenuti dall’esposizione dei bimbi, per limitare il rischio del loro sfruttamento a fini commerciali si propone di vincolare i genitori a depositare gli eventuali introiti in un conto bancario intestato al minore, a cui solo lui potrà accedere una volta compiuta la maggiore età (salvo casi eccezionali). Infine, si richiede che al compimento del 14esimo anno il minore possa ottenere l’oblio digitale, ovvero che possa richiedere di rimuovere dal web tutti i contenuti che lo vedono protagonista.
Noi avevamo già trattato il tema quasi un anno fa. Il nostro collaboratore Dario De Santis, storico della scienza, ha realizzato un reel per sensibilizzare sui pericoli dello sharenting che è stato visto da più di due milioni di persone. Ecco il suo punto di vista: “Quando condividiamo una foto sui social infatti non la stiamo mostrando, ma stiamo diffondendo dei duplicati. Chiunque infatti, da Whatsapp a Facebook, può scaricare quella foto sul proprio device e farne ciò che vuole. Per quanto dunque il gesto assomigli molto a quello di mostrare una foto a un gruppo di amici, in realtà è qualcosa di profondamente diverso. E mentre i contatti digitali sono normalmente meno profondi e vincolanti di quelli fisici e reali, nel caso delle fotografie è esattamente il contrario: concedere l’amicizia a una persona su Facebook non significa farla entrare in “casa nostra”. Al contrario invece mostrare sui social una foto di nostro figlio in costume vuole dire permettere potenzialmente a chiunque di tenerne una copia.
Non penso di sorprendere nessuno affermando che esistono gruppi di pedofili che condividono anche materiale pescato dalla rete senza troppe difficoltà. Tuttavia, anche senza arrivare a uno scenario tanto inquietante, deve essere chiaro che il materiale condiviso in rete rimarrà per molto tempo a disposizione di tutti, anche di coloro che con noi non sono in contatto diretto.
I bambini non possono prendere una decisione di questo tipo, non hanno gli strumenti per riflettere sulle conseguenze di questo gesto; quando saranno grandi potranno decidere in prima persona se e cosa condividere di loro, comprese le tante foto dell’infanzia; ma se lo facciamo noi per loro prenderemo una decisione irreversibile.
Per cosa poi? Per un pugno di like? Mostriamo fisicamente le foto dei nostri bambini, stampiamole e teniamole in casa o regaliamole ai nostri cari, ma ricordiamoci che la condivisione di una foto digitale non è come mostrare un album di foto.
Si tratta di una questione rilevante, ancora poco dibattuta e lasciata alla coscienza di ognuno di noi. Sarebbe invece importante quantomeno riflettere sulle peculiarità di questo gesto per avviare a una discussione comune e stilare delle norme condivise.
Nel frattempo se proprio non possiamo fare a meno di condividere, postiamo in rete solo materiale fotografico che mostreremmo a un pubblico di sconosciuti”.
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