Le previsioni di Massimo Di Menna (UilScuola) sulla prossima evoluzione degli stipendi dei docenti sono drammatiche e dovrebbero far riflettere non poco chi governa il sistema di istruzione e l’intero Paese.
Il dramma è duplice: da un lato c’è il fatto che per i docenti più giovani o comunque per coloro che stanno passando ora dal precariato all’incarico a tempo indeterminato la dinamica salariale sarà completamente diversa da quella che abbiamo visto fino ad ora.
Il meccanismo in vigore fino a pochissimi anni fa prevedeva di fatto per i docenti uno stpendio iniziale netto di 1.200 euro o poco più e uno finale di 1700-1900 a seconda dell’ordine di scuola (con qualche incarico aggiuntivo c’era chi arrivava e ancora arriva a 2.000 euro, ma sono casi rari).
Già con il contrattto firmato nell’estate 2011 le cose sono cambiate perchè, per garantire le nuove asunzioni, il primo scatto stipendiale è stato spostato al nono anno servizio.
Adesso, stando a quanto previsto dalle disposizioni che il Governo ha in animo di adottare, gli scatti automatici saranno ben poco cosa, grosso modo un terzo di quello grantito fino ad ora. In pratica si passerà da uno stipendio di 1200 euro a uno di 1.400 nella migliore delle ipotesi. I più “bravi” potranno forse arrivare a fine carriera a 1.600-1.700: in pratica il Piano Renzi ceertifica una volta per tutte la progressiva “proletarizzazione” dei docenti italiani che, dopo aver affrontato un percorso formativo di tutto rispetto (e anche alquanto costoso), godranno di un trattamento economico simile a quello di un operatore di un call center. Nell’arco dei prossimi 10 anni l’insegnamento cesserà definitivamente di essere una professione attrativa.
Fra 10-15 anni i giovani laureati italiani saranno sempre più attratti da un lavoro all’estero mentre la scuola potrebbe interessare laureati stranieri provenienti da Paesi emergenti.
Ma sembra che a chi governa il nostro sistema scolastico un ragionamento a medio-lungo termine sul futuro della scuola italiana interessi davvero poco. D’altra parte già Alce De Gasperi ricordava che “il politico guarda alle prossime elezioni mentre lo statista guarda alla prossima generazione”.
E, purtroppo, nel nostro Paese, di grandi statisti non c’è quasi più l’ombra.
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