Che differenza c’è tra un bancomat e una carta di credito? Tra una carta prepagata e una revolving? Per investire i risparmi con una certa sicurezza, sarà meglio acquistare obbligazioni oppure azioni? Che cos’è l’inflazione? In quanti saprebbero rispondere con esattezza a queste domande? In quanti sarebbero in grado di definire un prodotto finanziario?
In pochi, secondo la Banque de France che – come riportato dal quotidiano Le Monde – ha in questi giorni pubblicato i risultati di un’inchiesta basata su un questionario concepito dall’OCSE che consente di comparare la cultura finanziaria di trentanove Paesi, venti appartenenti all’Organizzazione e diciannove non membri. I giovani francesi si sono piazzati al quindicesimo posto con un punteggio di 12,07 su 20. I Tedeschi hanno vinto la palma d’oro di “esperti in finanza” con 15,2 su 20, seguiti da Tailandia, Hongkong e Irlanda. Nelle ultime tre posizioni Yemen, Cambogia e Paraguay.
Intervistata dal quotidiano francese, la direttrice del servizio di educazione finanziaria della Banque de France ha sottolineato i margini di progresso fatti registrare rispetto alle precedenti rilevazioni del 2021 e ha, infine, tenuto a precisare che i ragazzi se la sono cavata discretamente, non sono scarsi ma quasi sufficienti. Parole sorrette da una certa dose di ottimismo, se si pensa che l’OCSE, fissa a 14 punti su 20 la barra per considerare che un cittadino abbia le capacità per operare scelte finanziarie sufficientemente consapevoli.
E gli italiani? Come se la cavano coi mutui e i tassi di interesse? Maluccio, perché il risultato di queste stesse rilevazioni li colloca su un punteggio di 10,6 che li fa navigare su acque procellose nella parte bassa della classifica internazionale. Nelle rilevazioni del 2012 il punteggio era stato 10,2… Il passo in avanti è troppo piccolo per rallegrarsi più di tanto.
La risposta della Francia per elevare il livello di conoscenze finanziarie dei suoi studenti è appena arrivata: un programma di iniziazione finanziaria sarà obbligatorio a scuola a partire dalla scuola media, soprattutto alla luce dei numerosi cambiamenti in ambito economico e finanziario registratisi negli ultimi anni, come lo sviluppo dei servizi finanziari digitali, la nascita delle criptovalute, i social con le loro coorti di influencer finanziari più o meno affidabili.
Il Ministero dell’Istruzione italiano, dal canto suo, ha sottoscritto nel 2021 con la Banca d’Italia un Protocollo d’intesa “per il potenziamento dell’educazione finanziaria e la promozione della cittadinanza sociale nelle istituzioni scolastiche, al fine di rafforzare le competenze dei giovani, il loro orientamento formativo e la loro futura occupabilità”. Obiettivi della collaborazione tra le due istituzioni: definire, promuovere e attuare iniziative di educazione finanziaria nelle scuole, nei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti, e i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
Come si può leggere sul sito della Banca d’Italia, il progetto è ispirato a una didattica per competenze e propone un approccio multidisciplinare; si caratterizza per l’offerta di percorsi formativi dedicati ai docenti di tutti i livelli scolastici organizzati dal personale della Banca d’Italia sul territorio nazionale. Successivamente i docenti affrontano i temi economici e finanziari in classe con i loro studenti integrandoli nell’apprendimento curricolare. Il programma è supportato anche da risorse didattiche gratuite appositamente predisposte dalla Banca d’Italia.
Sarà sufficiente? Appuntamento alle prossime rilevazioni OCSE.
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