È un ottobre caldo per Parigi e le maggiori città francesi, che si svegliano con tamburi, striscioni e cori per le strade, infervorate contro un esecutivo sordo, varante riforme non gradite al settore pubblico nel suo complesso. La polverizzazione graduale del Potere d’Acquisto Pro-Capite, l’innalzamento complessivo dei costi di approvvigionamento per scuole, settore pubblico ed industrie preoccupano altamente imprenditori e dipendenti. I salari del settore pubblico restano, nonostante gli indicatori macroeconomici testimonino una crisi dei consumi quasi senza precedenti, di eguale portata. È da una settimana che i lavoratori della scuola, specie personale e docenti, protestano dinanzi le sedi del Ministero dell’Istruzione sparse in tutto il paese, contro riforme, professione e tirocini mal valorizzati e retribuiti. Osserviamo più da vicino cosa sta accadendo e quali sono le richieste dei manifestanti, che si battono per l’adeguamento degli stipendi e della didattica secondo le esigenze storiche del periodo.
La riforma dei licei professionali non passa con gli insegnanti del liceo della CCI riuniti martedì 18 ottobre davanti allo stabilimento avenue du Général Leclerc. Lo scorso martedì, 18 ottobre, lo sciopero interessa anche le scuole superiori professionali per protestare contro la riforma voluta dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron. A Nîmes, al liceo CCI, gli insegnanti del movimento sociale annunciano una forte mobilitazione che blocca le principali vie della città. Quasi il 23% del personale delle scuole superiori professionali era in sciopero secondo il National Education. Secondo la Snuep-FSU, questa cifra ha raggiunto un picco del al 62%. A Strasburgo (Basso Reno), centinaia di insegnanti si sono incontrati alle 14 davanti al rettorato, rue de la Toussaint, su invito di molti sindacati del settore della formazione. I docenti si battono per la riforma del settore professionale e dei tirocini nel loro complesso, avanzata il mese corrente dal Ministero dell’Istruzione. Questa prevede, secondo gli insegnanti in protesta, la moltiplica delle settimane di tirocinio a danno delle altre discipline a 33 settimane di stage nei tre anni di formazione invece delle attuali 22. “Ciò ridurrà l’apprendimento durante l’orario scolastico, una generalizzazione del lavoro-studio. Non tutti gli studenti hanno il profilo per essere studenti del lavoro-studio. Mandiamo i nostri studenti senza formazione professionale. Senza formazione non costa manodopera” , aggiunge Aurore, docente intervistata da MediLibre FR.
Gli insegnanti temono una distruzione del liceo professionale “con l’impossibilità per i nostri studenti di seguire l’istruzione generale. Li lasceremo andare a 14-15 anni nel mondo del lavoro quando non saranno adatti a tale professione. Per molti tra loro , siamo per loro la loro ultima possibilità in termini di scolarizzazione, legami sociali in relazione alla scuola”, hanno reso noto in una dichiarazione congiunta. Preoccupano anche gli stipendi, decisamente poco adeguati all’inflazione galoppante: lo stipendio medio degli insegnanti delle scuole pubbliche è di 2.596 euro netti al mese, compresi bonus e indennità, secondo le ultime statistiche pubblicate. Per i collaboratori scolastici scende a 1.700 – 1.800 euro mensili, su base contrattuale e relativo rinnovo. I docenti alle prime armi, con uno stipendio netto di 1640 euro netti al mese (sprovvisti dunque di agrégation), sono i più soggetti al malcontento attuale. Un concorso speciale, previsto per i contractuels per il prossimo aprile 2023, ne prevederebbe la stabilizzazione definitiva giusto per ovviare a penurie e ritardi nella didattica nell’anno scolastico corrente. Costoro attendono di accumulare esperienza per essere poi promossi a ruoli formativi più strategici, come l’insegnamento presso le Grand Écoles, secondo concorsi annuali indirizzati a singoli cicli d’istruzione, come il CRPE, dedicato alla scuola primaria, e per il CAPES, destinato alla secondaria.
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