In questi giorni in Francia, così come in Italia, si svolgono le elezioni dei rappresentati degli studenti e dei genitori in seno agli organi collegiali.
Un rito che, nel nostro Paese, già da tempo è disertato dai genitori e che anche oltralpe comincia ad accusare segni di stanchezza. Le numerose associazioni di genitori francesi sono inquiete, pare che quest’anno il numero dei votanti sia destinato a non andare oltre la soglia del 30%. Strano, per una Nazione come la Francia all’avanguardia in quanto a partecipazione attiva dei genitori in materia di politica scolastica, sia a livello di singolo istituto che su scala nazionale.
Cosa si cela dietro questo lento processo di disaffezione? Chi fa una lettura di primo livello, dice che la colpa è della scarsa informazione da parte della scuola, oppure invoca il fatto che sarebbe oramai tempo di passare ad altre modalità di voto, per esempio via internet, per evitare fastidiosi e talvolta impossibili spostamenti a genitori sempre più indaffarati, soprattutto nei grandi centri urbani.
Ma una lettura più profonda del fenomeno svela che molti genitori hanno la netta sensazione di non contare niente all’interno della scuola.
Recentemente intervistati da un quotidiano parigino, molti genitori eletti nei consigli d’Istituto non hanno esitato a raccontare episodi di "malascuola" – docenti esageratamente severi con gli alunni, assenza di contatti tra scuola e famiglia – sui quali lamentano di non avere alcuna possibilità d’intervento, in quanto relegati a un ruolo puramente rappresentativo. "Ogni qualvolta esprimiamo un parere su fatti significativi della vita scolastica dei nostri figli" sostengono gli intervistati, "presidi e docenti ci fanno capire che non abbiamo alcuna competenza in materia e che gestire gli aspetti pedagogici spetta soltanto a loro".
Sembra sia arrivato il momento di avviare una vasta riflessione sul ruolo che le famiglie devono avere all’interno della scuola.