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Francia, maestri con la vocazione per una scuola piú solida

Già nel 2005 aveva scosso il mondo della scuola pubblicando “La fabbrica dei cretini”, un’appassionata filippica contro una scuola che, a suo avviso, costruisce studenti in serie, tutti uguali, per rispondere alle esigenze del liberalismo imperante. Una critica che si estendeva anche ai professori – i maestri in particolare – senza vocazione e ignoranti quasi quanto i loro alunni. Da qualche settimana è in libreria “La buona scuola”, una sorta di seconda puntata di quel primo saggio con numeri da best-seller, oltre centomila copie vendute. Parliamo di Jean-Paul Brighelli, professore d’italiano, saggista e romanziere che, dopo il successo della “fabbrica dei cretini”, torna sull’argomento e dà la sua ricetta per salvare la scuola, soprattutto la scuola elementare, base dell’edificio. Intanto, per l’appunto, la vocazione. Secondo Brighelli non si deve aspettare la laurea per scegliere l’Istituto Universitario di Formazione dei Docenti (l’equivalente delle nostre Ssis) – quasi una seconda scelta in assenza di altre opportunità – ma già dopo il diploma bisognerebbe avviare gli studenti che manifestano la vocazione all’insegnamento verso facoltà universitarie ad hoc che formino maestri dotati di cultura enciclopedica. Una formazione solidissima a trecentosessanta gradi è infatti – lo sostiene l’autore del saggio – importantissima per fornire basi altrettanto solide ai bambini. Si innescherebbe, così, un circolo virtuoso in grado di invertire la tendenza di una scuola che non la smette di abbassare i livelli e che si ritrova nelle parti mediane di tutte le classifiche internazionali. Altra conditio sine qua non, ritardare il più possibile la specializzazione precoce e sopprimere l’apprendistato in azienda già a partire dai quattordici anni.
Gabriele Ferrante

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