Parigi, Lione, Arras. Solo alcuni luoghi dove nell’ultimo quinquennio si sono consumati episodi di violenza arbitrari ed efferati a danno non solo dei docenti e del personale scolastico, ma a danno dell’intera popolazione locale e, direttamente, alla cultura ed istruzione, ossia il mezzo preferibile per creare pensiero critico e trasmetterla. Il fenomeno di violenza ha radici lontane, derivanti da immigrazione e scarsi programmi di integrazione, ghettizzazione e, talvolta, norme non proprio inclusive – si pensi al divieto degli indumenti propri della fede islamica in classe disposto a settembre scorso – percepite dalle comunità come un efferato attacco identitario alla propria storia ed elementi culturali conservativi della stessa. D’altra parte si prospetta una crisi sociale derivante da una gestione non proprio eccellente dell’emergenza sanitaria: chiusure, aperture rapide, isolamento ed una pesante campagna vaccinale di fatto han creato un ambiente e terreno divisivi e colmi di tensione in cui la violenza può proliferare in silenzio. Le difficoltà economiche, derivanti dal generale rialzo dei prezzi dei generi alimentari e di consumo, dei servizi – scuola inclusa con testi, lezioni ed attività extracurriculari obbligatorie – hanno creato un regime di tensione ove la violenza, connessa con l’elevata dispersione giovanile, può attecchire in classe.
L’annuncio della mobilitazione di sabato è arrivato dopo che il presidente Macron ha tenuto una riunione di emergenza del gabinetto di sicurezza lo scorso venerdì sera. La Francia sta mobilitando 7.000 soldati e aumentando il suo stato di allerta al livello di “attacco di emergenza” dopo la morte di un insegnante nella città nordorientale di Arras, accoltellato a morte venerdì da un ex studente con precedenti di radicalizzazione islamica. Il presidente Emmanuel Macron ha preso la decisione dopo aver convocato venerdì sera una riunione d’emergenza del suo gabinetto di sicurezza. Macron ha descritto l’attacco con accoltellamento, che ha lasciato gravemente feriti altri due membri del personale della scuola, come “terrorismo islamico”. Parlando nel cortile di un edificio vicino alla scuola dove è avvenuto l’attacco mortale di venerdì mattina, Macron ha dichiarato che “la scelta compiuta è di non cedere al terrore, di non lasciare che nulla ci divida”. Alti ministri del governo, funzionari di polizia, militari e di intelligence hanno partecipato all’incontro che si è svolto dopo la conferma di un secondo incidente di sicurezza. Un uomo di 24 anni noto per essere stato “radicalizzato” è stato arrestato e posto in custodia di polizia perché portava un coltello mentre lasciava una moschea a Limay, alla periferia di Parigi. La procura di Versailles ha confermato l’arresto dell’uomo.
Le autorità francesi hanno aperto un’indagine antiterrorismo dopo l’attentato di Arras. La polizia locale afferma che un ragazzo armato di coltello ha ucciso un insegnante e ha ferito altre due persone in una scuola superiore della città di quasi 41.000 abitanti. L’aggressore è stato arrestato sul posto. L’incidente è avvenuto al liceo Gambetta, che si trova nel centro della città, e la polizia dice che l’aggressore ha gridato “Allah Akbar” – “Dio è grande” in arabo. Si tratta del diciottenne Mohammed Mogouchkov, ex studente della scuola di origine cecena che è stato oggetto di “monitoraggio attivo” da parte della Direzione generale della sicurezza interna francese (DGSI). Mogouchkgov era stato fermato e perquisito solo la settimana scorsa, ma è stato rilasciato perché non c’era motivo di trattenerlo, hanno detto i funzionari. Nessuno studente delle scuole superiori è rimasto ferito nell’attacco, ma una guardia di sicurezza e un insegnante sono rimasti gravemente feriti dopo aver subito diverse aggressioni con arma bianca. Radicalizzazione a parte, tali eventi uniti alle proteste che han paralizzato il paese durante i mesi estivi sono il chiaro messaggio che la crisi economica e sociale deve essere arrestata prima di dare luogo ad ulteriori episodi di egual violenza. Oltre al dispiegamento sul territorio di forze militari sarebbe dunque auspicabile che le riforme, l’educazione e la cultura possano fronteggiare paure, terrore, violenza.
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