Concretamente, la cosiddetta in Francia écriture inclusive, scrittura inclusiva si basa su poche semplici regole, come quella di declinare al femminile, quando è necessario, i nomi di professione (sindaca, ricercatrice, ingegnera), o di sostituire le parole “uomo” e “donna” con parole o locuzioni più neutre e universali: “diritti umani” invece di “diritti dell’uomo”, per esempio, o “il corpo insegnante” invece di “gli insegnanti”.
“Ma invita a combattere- scrive L’Internazionale- la predominanza del maschile nella grammatica usando sia il femminile sia il maschile quando ci si riferisce a gruppi di persone: scrivendo “gli elettori e le elettrici”, “i collaboratori e le collaboratrici”, per esempio; oppure usando il point médian (punto mediano), un segno che separa e mette in evidenza le desinenze del maschile e del femminile: “un·a collega”, “gli·le italiani·e”, “molti·e collaboratori·trici”, “gli·le insegnanti”.
è stato l’impiego della scrittura inclusiva in un libro destinato agli studenti francesi di terza elementare. “Molto fieri·e di aver pubblicato il primo manuale scolastico in scrittura inclusiva!”, ha twittato la casa editrice Hatier.
L’Alto consiglio per l’uguaglianza tra donne e uomini ha lodato l’iniziativa: “Le rappresentazioni a cui i·le cittadini·e sono costantemente esposti·e rafforzano gli stereotipi di genere e le disuguaglianze tra uomini e donne”
Molti insegnanti tuttavia “hanno protestato spiegando che la scrittura inclusiva rende più difficile la lettura e confonde le idee ai ragazzi di terza elementare che devono imparare la grammatica. E l’Académie française ha scritto: “Davanti a questa aberrazione ‘inclusiva’, la lingua francese è ormai in pericolo mortale, e di questo la nazione è da oggi responsabile di fronte alle generazioni future”.
L’aspirazione a una lingua meno sessista non è in ogni caso una prerogativa dei francesi.
“Lo spagnolo usa la chiocciola al posto della desinenza di genere per lasciare la possibilità a chi legge di scegliere il maschile o il femminile: “compañer@“ invece di “compañero” o “compeñera”. Con la stessa funzione la chiocciola è usata anche in italiano, dove convive con l’asterisco in formule come “car* tutt*”.
Nella lingua inglese, dove non ci sono desinenze di genere, la distinzione tra maschile e femminile è affidata in gran parte ai pronomi he, maschile, e she, femminile, e ai relativi possessivi. In nome di una lingua meno sessista, nel mondo anglofono da alcuni mesi si discute la proposta di usare il pronome della terza persona plurale, they, come un pronome singolare privo di genere, chiamato singular they.
L’inglese continua a usare un vecchio trucco: quando si riferisce a gruppi o professioni in generale, alterna indifferentemente il pronome maschile e quello femminile. È un accorgimento semplice e molto efficace, che funziona benissimo anche in italiano”.
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