Le iniziative di modernizzazione e secolarizzazione adottate dal Ministro Attal per la scuola francese si scontrano con i molteplici elementi cronici e patologici. In primis il ricambio generazionale relativo al personale docente che ha raggiunto in alcune aree livelli di anzianità prossimi alla pensione con il rischio di non poter garantire la continuità della didattica in interi distretti scolastici. La professione docente risulta sempre meno attrattiva per la retribuzione e per l’eccessiva mobilità tra le varie aree del paese, pregiudicata dall’aumento del costo dei trasporti. Le violenze a danno del corpo docenti, culminate nell’assassinio di due membri del personale lo scorso anno, continuano a peggiorare: sono stati allestiti sistemi di sicurezza – pari a quanto presente negli scali aeroportuali – nelle aree a maggior rischio, consistenti in telecamere a circuito chiuso e metal detector situati nei principali accessi. Le iniziative del Ministero relative all’abolizione dell’abbigliamento islamico in classe – duramente attaccate dalla minoranza islamica locale – han comportato l’introduzione di uniformi nelle scuole statali dal prossimo aprile. Sono in molti a considerare il fatto positivo per ovviare ad abbigliamenti stravaganti, ma altri sottolineano eventuali limiti alla libertà di espressione anche in vista del complesso dibattito circa l’identità di genere.
Con orgoglio, Laurent Wauquiez, presidente del consiglio regionale dell’Alvernia-Rodano-Alpi, nel sud-est della Francia, ha annunciato che alcuni prototipi di uniformi scolastiche saranno lanciati in cinque scuole superiori locali. Le polo saranno provate in cinque scuole superiori dell’Alvernia-Rodano-Alpi all’inizio dell’anno scolastico nel settembre 2024, ha osservato, aggiungendo che la mossa è “sostenibile e positiva per l’occupazione generale nella regione”. Ma molti liceali locali sui social media non sembrano condividere il suo entusiasmo. Alcuni si sono recati su TikTok per deridere quello che chiamavano un insieme poco lusinghiero e imbarazzatamente poco elegante. L’annuncio è arrivato poche settimane dopo che il ministro francese dell’Istruzione Gabriel Attal, il 6 dicembre, ha rivelato un piano per testare le uniformi scolastiche in diverse località del paese. Le scuole pubbliche dei comuni che hanno aderito volontariamente all’esperimento potranno implementare un’uniforme obbligatoria all’inizio del nuovo anno accademico a settembre, o addirittura già in primavera per coloro che sono particolarmente “motivati”. Le città desiderose di testare le uniformi scolastiche includono Tourcoing e Reims nel nord e Nizza nel sud. Anche le regioni dell’Allier e delle Alpi Marittime hanno espresso interesse. Ogni comune dovrà lavorare a stretto contatto con le scuole che aderiranno, poiché l’adozione di un’uniforme richiede una modifica delle regole scolastiche.
Un kit base per ogni allievo potrebbe consistere in cinque polo, due maglioni e due paia di pantaloni, per un importo di circa 200 euro, secondo il quotidiano francese franceinfo. Ma le famiglie non dovranno sostenere il peso, poiché metà del costo sarebbe a carico degli enti locali interessati e l’altra metà dallo Stato. L’iniziativa vede un larghissimo supporto da parte degli Enti Locali per via di un tentativo – specie a seguito dei fatti verificatisi di recente – di secolarizzazione, ovvero di presunta modernizzazione istituzionale della scuola e della sua rispettiva immagine agli occhi della popolazione comune. Per molti si tratterebbe di un tentativo di omogenizzazione che metterebbe a rischio la libertà d’espressione delle minoranze che si appellano all’abbigliamento come veicolo di appartenenza identitaria. Il principio della laicità applicato a scuola in Francia prevede che indossare qualsiasi segno o indumento che manifesti l’appartenenza religiosa di uno studente sia contro la legge. La legislazione approvata nel 2004 proibisce “simboli religiosi ostentati” nelle scuole pubbliche, compresi il velo musulmano, le croci cristiane, le kippa ebraiche e i turbanti indossati dai sikh. In Italia le uniformi sono predilette – anche per fini distintivi – negli istituti privati.
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