Diritto di disconnessione o dovere di connessione?
Ancora un intervento della Corte di Cassazione (Cassazione penale, n. 9656 del 7 marzo 2023) per stigmatizzare la cattiva abitudine di abbandonarsi ad insulti sulle piattaforme social.
A farne le spese questa volta è un’ex docente di un liceo che sul proprio profilo Facebook aveva pubblicato dei messaggi di chiaro contenuto discriminatorio e di odio razziale.
I suoi stessi studenti, dimostrando spiccato senso civico, avevano segnalato il fatto alla competente Procura della Repubblica.
Il difensore della professoressa – pur non negando il chiaro contenuto discriminatorio dei messaggi – aveva sostenuto che non vi era stata una vera e propria “istigazione” alla violenza.
Di diverso avviso la Corte, che ha osservato come tali messaggi fossero caratterizzati da “forme verbali esortative” alla violenza.
La Corte ha anche analizzato la problematica relativa alla compatibilità tra diritto alla libera manifestazione del pensiero (tutelato com’è noto dall’art.21 della Costituzione) e il fatto contestato.
A questo proposito, ha rilevato come il contenuto dei messaggi incriminati faceva esplicito riferimento alla necessità di compiere atti di violenza, sulla base della religione musulmana delle vittime.
Il convincimento razzista e discriminatorio veniva amplificato, attraverso la “pubblicità dell’esternazione” realizzata tramite la piattaforma social.
La professione dell’imputata (docente di un liceo) ha aggravato la sua posizione, non essendo concepibile che coloro che dovrebbero insegnare ai propri allievi valori quali l’accettazione del diverso ed elementari e fondamentali principi di uguaglianza e di non discriminazione si abbandonino sui social a messaggi razzisti di odio razziale e di discriminazione religiosa.
Se certamente la docente, condannata in via definitiva a sette mesi di reclusione, non ne esce bene, un messaggio di speranza nasce dai suoi studenti, che hanno invece dimostrato di avere quella maturità e senso civico che difettavano alla loro insegnante, dimostrando – almeno per questa volta – che dal dialogo educativo non solo gli studenti hanno qualcosa da imparare.
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