Se è vero che la scuola è lo specchio della società, è anche vero che troppo spesso non si accorge, come invece dovrebbe, della vera natura dei suoi utenti, per usare un termine orrendo, dopo che si è trasformata, senza accorgersene, in azienda. Una scuola che pare adeguarsi alla sciatteria dominante e a una cultura che non riesce a togliersi il paraocchi per fare i conti con l’altro da sé e con l’universo mondo.
E allora capita a taluni docenti, quelli che con intelligenza, sacrificio, passione insegnano l’arte di insegnare, a coloro che riescono ad andare l’oltre nietzschiano, di entrare nel cuore dei propri allievi, fra le loro passioni, le preferenze, la spiritualità; di girovagare nell’emisfero della loro coscienza più profonda, mentre aleggiano dalla cattedra i versi di Leopardi, le formule chimiche, i pellegrinaggi di Dante.
E proprio da questi versanti esce un libro raro, per contenuto e intuizione, perché raccoglie, dopo decenni, i ricordi di alcuni alunni al tempo della scuola, ma guardati e descritti, oggi, con l’occhio della maturità e dunque col distacco del film neorealista ma con la potenza delle immagini proiettate dalla memoria. Per questo leggiamo con piacere il nuovo libro di Francesco Diego Tosto (prof ormai in pensione), “Fuori dall’aula. Storie fra la scuola e la vita”, Bastogi-Libri, 15,00 €, con prefazione di Santo Di Nuovo e postfazione di Marco Pappalardo, entrambi uomini di scuola.
Si tratta di 22 interviste effettuate dall’autore ad altrettanti suoi ex alunni i quali confessano, senza infingimenti, dei problemi che hanno vissuto durante la loro permanenza in classe. E dei quali, anche il più avveduto e attento fra i docenti, spesso non si accorge, perché preso da altro e perfino dalla spinta a dare il meglio di sé, a partecipe il proprio sapere, mentre invece le ansie, i turbamenti, gli scompigli, i guazzabugli che tormentano l’animo dei giovani e che bruciano la loro anima traboccano silenziosamente, inavvertiti.
Allora, spinto proprio da desiderio di conoscere se il suo magistero sia stato efficace e se abbia portato i frutti positivi cui ogni prof ambisce, Tosto ha raggiunto questi ventidue ex allievi e li ha intervistati, venendo così a conoscenza di una realtà appena immaginata, in somiglianza in qualche modo di quella delle anime nella caverna platonica, che avvertono le ombre del reale ma di cui solo uscendo alla luce del sole, riescono ad afferrarne il vero contorno.
E allora, ecco l’uno che racconta al vecchio prof la sua condizione di omosessualità, la prima percezione, la vergogna e lo smarrimento non sapendo a chi confidarsi e da chi ricevere un indefinito aiuto, quando anche la famiglia è distratta o pretenziosa; l’altra invece è percorsa dal bullo infestante che ogni scuola mantiene come una dannata condanna; e l’altra ancora, contrassegnata dalla inattesa separazione dei genitori o dalla scomparsa di uno di loro; o dall’amore sbocciato sul banco per la terzina galeotta e perfino dalla gravidanza finita nell’aborto per non avere conseguenze, mentre la giovinezza si incarognisce sull’altare di una società ipocrita che imposture spesso trasmette.
Ragazzi che narrano, come in una novela rusticana, quel tratto di vita scolastica col distacco dell’età ma anche con la necessaria verve, la reale dose di passione, di trasporto, di veemenza, quando è il caso. E il nostro vecchio prof che, intervistando, si rende conto delle sue incolpevoli mancanze e che registra tutto, come il testimone di difesa o come l’aedo del mito classico che poi “intona” ai suoi lettori, con stile sommesso ma composto, alto ma onesto, le gesta dei suoi eroi di scuola. Quelli che ha interrogato, giudicato, rimproverato e pure, in cuor suo, amato, perché comunque ogni giorno, ciascun ragazzo, e a maggior ragione anche il più svogliato, è stato sempre nei pensieri più impellenti e permalosamente attivi del maestro.
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