Positivo appare al sottosegretario Toccafondi il fatto che “la scuola italiana non venga stravolta per l’ennesima volta in corso d’opera. È molto meglio che si apra alla possibilità di un dialogo e un confronto serio con chi la scuola la vive in prima persona tutto l’anno, soprattutto i ragazzi che la frequentano. Perché non dobbiamo mai dimenticarci che la scuola è fatta innanzitutto per loro”.
E i due mesi di interlocuzione con la Nazione, serviranno a confrontarci “a partire dai 12 punti per contribuire a disegnare la scuola che verrà. Così che il Parlamento possa valutare per tempo entrambi gli aspetti su cui dovrà prendere delle decisioni, quello normativo e quello economico. Meglio fare così che non sentire tutti senza mai decidere niente oppure, al contrario, prendere decisioni in una stanza chiusa dentro il ministero senza, però, interpellare nessuno”.
Credo inoltre, spiega Toccafondi “che non sia più possibile rimandare decisioni che promuovano con forza l’alternanza tra scuola e lavoro, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, dove c’è maggiore bisogno di imparare “facendo”. È un tema rivoluzionario, che, purtroppo, in Italia ha sempre incontrato una forte resistenza ideologica, che ci è costata la situazione attuale in cui il mondo dell’istruzione e quello del lavoro non dialogano più; tanto che la disoccupazione giovanile è superiore al 40 per cento, ma al contempo ci sono aziende con non trovano nel mercato quei profili per cui, invece, vorrebbero assumere giovani”.
“L’alternanza tra scuola e lavoro negli istituti professionali e tecnici corrisponde, nel migliore dei casi, a 90 ore solo al quarto anno e che noi, invece, porteremo a 200 ore per anno obbligatorie negli ultimi tre anni di scuola. Perché un ragazzo impara un mestiere solo se vede come si usa il tornio, come si cucina in un ristorante, come si coltiva la terra o cosa fa un meccanico in officina. Altrimenti, c’è il rischio che abbandoni deluso il percorso intrapreso, solo perché si immaginava una cosa diversa. E il 30 per cento di chi frequenta istituti tecnici abbandona. Un conto, infatti, è raccontare come si fa una cosa, un altro, è vederlo direttamente coi propri occhi. È lo stesso motivo per cui abbiamo in cantiere un “Piano Marshall” per dotare le scuole di laboratori funzionanti. Che serviranno non solo ai professionali ma anche ai licei.
Nelle linee guida si legge l’obiettivo di «realizzare pienamente l’autonomia scolastica», ma le modalità con cui si vogliono reclutare i docenti hanno già suscitato qualche perplessità. Come mai?
In riferimento poi al reclutamento dei docenti, occorre, dice Toccafondi, guardare su più piani: “Sono legittime le aspettative tanto di chi è da una vita che insegna come precario e a giugno non ha mai certezze per il settembre successivo, quanto quelle di chi sta finendo l’università desidera insegnare in una scuola. Con i 12 punti avviamo un confronto anche con loro per dargli una risposta. Quanto all’autonomia, pensavo che fossimo all’anno zero e invece, girando per le scuole, mi sono accorto che sono già tanti gli istituti che approfittano al meglio degli spazi di cui già dispongono, soprattutto grazie all’impegno extracurricolare di alcuni docenti. Dobbiamo partire da qui, dalle esperienze che funzionano per aiutare la scuola a funzionare meglio e fare sempre di più per i nostri ragazzi”.