“Davvero vogliamo che la scuola serva soprattutto a scovare i talenti di bambini e bambine e poi di ragazzi e ragazze? Davvero siamo ancora all’idea che la scuola è solo un viatico del mondo del lavoro?”. E’ quanto si chiede e chiede il professore e scrittore Enrico Galiano dopo aver ha letto “La scuola dei talenti”, libro scritto dal ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Domande retoriche quelle di Galiano, le cui riflessioni sono riportate in un’intervista su ilLibraio.it. “La scuola non dovrebbe tanto servire a scovare talenti e metterli in luce, quanto ad aiutare ragazzi e ragazze a scoprire chi sono, dove vogliono andare: le loro vocazioni, i loro sogni, le loro aspirazioni”.
Lo scrittore friulano non ha apprezzato il volume del ministro e non ne fa mistero: “Non mi è piaciuto – dice – ogni due per tre nel libro si parla di quant’è importante tirare fuori i talenti, di quanto la scuola debba essere votata soprattutto al mondo del lavoro: io ti aiuto a capire cosa sai fare bene, così poi tu nella vita lo farai”. Galiano si chiede come possano sentirsi quei ragazzi e quelle ragazze che “non riescono a manifestare particolari talenti, che hanno semplicemente bisogno di più tempo per sbocciare”.
“Un talento è una dote, – sottolinea – qualcosa che la natura ti ha messo a disposizione. Però non è detto che io debba fare ciò che so fare bene, nella mia vita. Il talento è un mezzo, mai un fine. Il fine è un’altra cosa e si chiama vocazione che è una voce che ti chiama. Qualcosa che ti spinge in una direzione. Qualcosa che, se poi la segui, ti fa sentire un pesce dentro l’acqua”.
“Quante persone conoscete – incalza Galiano – che non avevano moltissimo talento nel loro campo, ma grazie a duro lavoro, sudore e lacrime sono riuscite a realizzare qualcosa di bello? Quante ne conoscete invece di altre che, talentuose in modo che saltava subito agli occhi, poi però non hanno mai combinato molto di buono in quel campo? Non è detto che se hai un talento, quella debba essere la tua strada”.
“Io, per dire, sono una spada nei calcoli a mente. Sul serio, riesco a farne anche di molto complessi in tempi relativamente brevi. Oppure posso dire, senza tema di apparire tracotante, di essere molto bravo a pettinare i capelli o a fare i massaggi. Tutte cose che non ho mai dovuto esercitare e che madre natura mi ha dato. Però non è quello che mi fa stare bene, che mi fa sentire “un pesce dentro l’acqua”.
Galiano rimarca che la funzione della scuola non sia tanto quella di scovare talenti, ma di “aiutare ragazzi e ragazze a scoprire chi sono, dove vogliono andare: le loro vocazioni, i loro sogni, le loro aspirazioni. Non cosa i loro talenti li indirizzano a fare, ma cosa vogliono fare coi talenti che hanno. Quali di questi vorranno davvero sviluppare per realizzare i loro sogni o, addirittura, in certi casi, insegnare a sopperire con il lavoro e il sudore alla mancanza di grande talento. Perché la domanda è sempre la stessa, per quel che mi riguarda: vogliamo che i ragazzi siano bravi, o che siano felici?“.
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