Oggi Galileo compirebbe 458 anni e avrebbe ancora molto da insegnarci.
Lo ricordiamo per scoperte e invenzioni: primo fra tutti il celebre cannocchiale, il telescopio con il quale gettò le basi per l’abbandono del sistema geocentrico aristotelico-tolemaico, in favore del sistema copernicano. Più in generale dobbiamo ricordare come nel corso della sua lunga attività scientifica riuscì a tracciare le direttrici di quel metodo scientifico che in soli quattrocento anni ha cambiato il nostro modo di pensare e di vivere, portandoci dagli archibugi ai viaggi spaziali.
La sua attività, diremmo oggi di scienziato e di filosofo, gli causò non pochi problemi visto che nel 1633 fu costretto dal tribunale dell’Inquisizione ad abiurare e a vivere gli ultimi anni delle sua vita rinchiuso in casa, oramai cieco, anche se ciò per nostra fortuna non fu in grado di privarlo della voglia di studiare e scoprire.
In occasione del suo compleanno vorremmo però concentrarci su un paio di elementi che contribuirono sostanzialmente al suo essere stato tanto rivoluzionario.
Il primo è di carattere personale e riguarda l’indole di Galileo: che fu un grande appassionato di letteratura, arte e musica. La sua profonda passione per le arti fu infatti un ingrediente fondamentale e lo rese un abile comunicatore. Ottimo scrittore seppe affascinare con il suo stile semplice e preciso; bravo disegnatore riuscì a mostrare a colleghi e curiosi le scoperte che ad esempio aveva fatto con il suo telescopio; appassionato musicista e attento conoscitore della teoria musicale riuscì a intravedere quello stretto legame tra modelli teorici ed esperimento, tra teoria e pratica, che avrebbe poi portato nella filosofia naturale.
Ancora una volta la vita di Galileo ci mostra come l’essere eclettici, l’essere cultori di ciò che apparentemente nulla ha a che fare con il nostro obiettivo “principale” è uno splendido modo per imparare a vedere dove gli altri guardano, per carpire segreti altrimenti invisibili.
Il secondo aspetto è invece di carattere storico-culturale: Galilei infatti ebbe l’opportunità di vivere, studiare e lavorare in uno degli ambienti culturali e scientifici più vivi e fecondi del mondo. Ebbe modo di insegnare e fare ricerca per diciotto anni all’Università di Padova, ateneo di grande spessore dove era stato costruito un teatro anatomico che mostrava una crescente apertura verso lo sperimentalismo.
In questo senso la vita di Galileo ci ricorda invece come i “geni” non nascano dal nulla, ma siano sempre il prodotto di una cultura, non solo scientifica, siano dunque l’effetto di investimenti, strutture, insegnanti, maestri e riconoscimento sociale. Se vogliamo che oggi in Italia continuino a nascere i protagonisti d del progresso non dobbiamo sperare nella fortuna, ma alimentare un sistema culturale che ponga l’avanzamento del sapere al centro delle necessità sociali, esattamente come si faceva nel Cinquecento e nel Seicento.
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