Ha detto l’altra sera Umberto Galimberti alla Tv che molti insegnanti “amano il proprio stipendio molto di più che il proprio lavoro”.
Parlava probabilmente di sé, visto che ha insegnato per anni in varie università con stipendi presumibilmente adeguati al proprio ruolo accademico (di certo molto più appetibili di quelli percepiti da un prof di scuola media) e che pare abbia pubblicato diversi libri di successo utilizzando a piene mani, senza citarli, lavori altrui, stando a quanto riportato a suo tempo sulla migliore stampa nazionale… (cfr. in proposito, tra molto altro, almeno un vecchio articolo del Corriere: https://www.corriere.it/cronache/08_aprile_18/platone_Galimberti_brani_fotocopia_33ce23a8-0d0f-11dd-9f4c-00144f486ba6.shtml )
Paradossale che parlasse anche di me e dei miei ex colleghi, visto che, se uno ama lo stipendio più del lavoro, non sceglie certo di insegnare nella scuola media italiana.
Ma tutto questo Galimberti – che si esprime in evidente malafede – lo sa benissimo.
Ma sa benissimo anche che sparare sugli insegnati della scuola pubblica – categoria certo criticabilissima alla stregua (ma non certo di più) di tante altre – è uno sport nazionale redditizio e praticato da molti, specie da chi cerca un facile e immediato consenso. Facile perché a tirare nel mucchio ci si azzecca comunque. Immediato perché il disprezzo per la classe insegnante non ha mai toccato prima di adesso una diffusione così ampia nell’opinione pubblica, per vari motivi che non sto qui a ripetere e che vanno, in gran parte, ben al di là dei demeriti e dei difetti oggettivi di questa classe piuttosto disgraziata.
Ora, ripeto: non mi piace affatto fare il difensore d’ufficio dei miei ex colleghi.
E tuttavia ritengo insopportabile che uno costruisca e alimenti il proprio successo mediatico sparlando gratuitamente e qualunquisticamente di loro.
Per esempio, affermando che gli insegnanti sono in buon numero no vax (mentre tra loro i non vaccinati non superano il 2-3%) o che stiano disertando in gran numero il lavoro con la scusa della pandemia (in realtà anche gli insegnanti possono ammalarsi, di covid e non solo, esattamente come gli studenti e forse più frequentemente e gravemente di loro, vista la loro età media! Personalmente ho visto non pochi tra loro continuare a lavorare anche in precarie condizioni di salute).
Cosa si può dire invece di meglio della categoria degli psicologi e degli psicoanalisti da salotto televisivo come Galimberti, sempre pronti a distribuire ricette di felicità e di saggezza dall’alto di scranni sacerdotali intoccabili e profumatamente remunerati? E persino capaci di impartire lezioni di gratuità e di generosità in cambio di lauti gettoni di presenza o di pubblicità (gratuite) dei propri libri in programmi di successo?
Anni fa Galimberti venne dalle mie parti invitato da un preside di scuola superiore a parlare ai giovani dei giovani. Non lo fece certo gratis, ma in cambio di un generoso onorario si esibì per una mezz’ora striminzita alla fine della quale – lo ricordo benissimo – declinò l’invito a rispondere alle domande dei ragazzi presenti perché rischiava di perdere il treno…
Paolo Mazzocchini
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