Il docente, scrittore e psicoanalista Umberto Galimberti ha tenuto una lezione magistrale a Carpi in cui ha parlato del suo nuovo libro e della sua etica del viandante. Come riporta Il Resto del Carlino il saggista ha trattato alcuni temi cari alla scuola.
“I giovani non hanno futuro e non credo servirà aspettare le scadenze fissate dalla politica al 2030 e 2050, visto che ci stiamo avviando alla fine del mondo. Loro vivono nel presente e anestetizzano l’angoscia”, ha tuonato, alquanto apocalittico.
L’intellettuale ha riflettuto sul concetto di “parola”: “Senza la parola non possiamo stare, ma le parole che usiamo oggi sono relative a tradizioni che non esistono più, come l’epoca greca classica e la visione giudaico cristiana: quell’ordine del mondo non è più il nostro perché allora si pensava che pensare volesse dire fare il bene mentre poi abbiamo scoperto ad esempio con il nazismo che non sempre il pensiero porta al bene quanto al male, malissimo”.
Ed ecco alcune parole in merito alla tecnologia e all’utilitarismo odierno: “L’etica è diventata patetica e la tecnica, che sa dire e fare le cose, ha preso il sopravvento mettendo fuori gioco anche la politica, da tempo succube. Noi non a caso ci chiediamo sempre a che serve una certa cosa, a che serve una laurea, con questo concetto del ‘servire’ che è proprio delle macchine”. Sembra quasi una risposta all‘imprenditore Flavio Briatore, che invece sostiene l’opposto.
Per il professore per salvare il mondo “occorre mettere un argine alla tecnica perché la sfida umana è salvare la terra, la nostra unica vera patria al di là delle singole patrie. Ma per fare ciò serve una etica cosmopolita, altro che i maledetti valori che cambiano nel tempo. Il punto comune dell’uomo è la difesa della terra e i giovani, che attuano poco il dialogo ma hanno un po’ di radicalità, possono intervenire”, ha concluso.
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