Neglio scorsi giorni Focus ha riportato a galla una vecchia intervista, risalente a cinque anni fa, del filosofo e saggista Umberto Galimberti. In quell’occasione l’esperto ha sparato a zero sulla scuola, proponendo idee irriverenti e particolari per innovarla.
Ecco le sue parole sul mestiere del docente: “L’insegnante deve insegnare. Per farlo serve una capacità empatica e comunicativa, la fascinazione. Se non apri il cuore, non apri nemmeno la testa delle persone. Gli insegnanti dovrebbero essere sottoposti a un test di personalità che valuti queste cose. Se uno non sa affascinare è meglio che cambi lavoro».
“La scuola va tenuta aperta fino a mezzanotte, in modo che oltre alle lezioni mattutine i ragazzi possano trovarsi a scuola il pomeriggio, la sera, a fare teatro, musica, a fare l’amore. In un contesto dove mancano luoghi di socializzazione che non siano la strada o il bar, la scuola è un’opportunità”, ha aggiunto.
Poi, sulla tecnologia: “I mezzi tecnici non hanno un’influenza solo nell’ambito specifico. Se non ho il telefonino, vengo escluso socialmente. Se una madre mi dovesse chiedere se mettere o meno lo smartphone nelle mani di un bambino che frequenta la scuola primaria risponderei di darglielo, perché altrimenti verrebbe escluso. La gente non capisce che i mezzi tecnici invadono la totalità del sociale, del relazionale. La tecnica è soggetto del mondo e l’uomo diventa un funzionario degli apparati tecnici: questa è la verità!”.
“La scuola prima non educava perché aveva professori che non avevano le caratteristiche di cui le parlavo. Oggi non educa perché ha classi con 35 persone quando al massimo ne dovresti avere 12-15. Educare vuol dire condurre qualcuno all’evoluzione, dall’impulso all’emozione, dall’emozione al sentimento. Un ragazzo che ha sentimento non brucia un migrante che dorme su una panchina, non picchia un disabile. Se queste cose accadono è perché la scuola non ha educato. Per educare bisogna avere a che fare con la soggettività degli studenti, che oggi è messa fuori gioco. Se è vero che al posto dei temi si fa la comprensione del testo scritto, si è spostata la valutazione dalla soggettività alla prestazione. A questo punto è chiaro che anche la scuola è serva del modello tecnico. I ragazzi non contano più come soggetti ma solo nelle loro prestazioni”.
Ecco un messaggio agli insegnanti: “Direi ai docenti che non tutti possono insegnare. Uno che è alto un metro e cinquanta non può fare il corazziere; così se uno non sa affascinare, comunicare, non può fare il maestro, il professore. Lo dice Platone: si impara per imitazione. Io aggiungerei anche per plagio. Preferisco un docente che plagia i ragazzi che uno che li demotiva. Direi loro che il ruolo va abolito. Se uno non funziona lo sanno tutti ma non si può far nulla, perché è di ruolo. Che cos’è questa parola? Nessuno è di ruolo nella vita. Se un docente non è all’altezza va messo fuori gioco. Perché se si licenziano operai là dove si producono oggetti non lo si fa dove si formano le persone?».
“Le maestre e i maestri della primaria sono i migliori di tutti gli ordini d’insegnamento. Sono gli unici che non si occupano soltanto dell’apprendimento ma anche dell’educazione emotiva dei bambini; sono quelli che individuano la loro capacità di socializzare; le uniche persone che sono capaci di entrare in relazione in termini affettivi; sono quelli che puliscono il sedere ai bambini quando serve”, ha concluso Galimberti.
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