Galli della Loggia e il tabù della bocciatura da infrangere/2

Qualche ulteriore considerazione sulla traccia dell’articolo sul (presunto) “tabù della bocciatura”

Dapprima  uno sguardo al panorama generare della scuola, caratterizzato da una ministra che si sente Sibilla, promette, vanta, rassicura sul futuro prossimo: “A settembre tutti i docenti in cattedra sin dall’inizio delle lezioni” e anche meno prossimo: “Entro due anni tutti ci invidieranno (sic!) il nostro sistema scolastico”.

Purtroppo è già sicuro che il prossimo anno scolastico mancheranno sicuramente 2000 presidi o DS perché Miur non è riuscito a bandire il relativo concorso e mancheranno ache quasi altrettanti DSGA.

Intanto i presidi, ora dirigenti scolastici, protestano, rivendicano la “perequazione” retributiva (cioè il raddoppio dello stipendio, qualcosa come + 480 mln di euro in totale per 8.000 DS), sono scesi in agitazione felpata dall’inizio di aprile, ma hanno in programma lo sciopero della fame (?), l’assedio al Miur (25 maggio), il rifiuto delle  reggenze (se lamentano di lavorare 12-13 ore al giorno, come fanno a gestire due scuole??!!).
Però i loro sindacati sono divisi e, pare, che Fedeli – ex Cgil – stia favorendo i Sindacatoni (o Quatriplice) a danno della tradizionale ANP ed di altri.

Le considerazioni ulteriori all’articolo di Galli della Loggia seguono due interessanti articoli di commento allo stesso articolo: 1)Docenti e valutazione, la svista di Galli della Loggia” del prof. Gianni Mereghetti (ilsussidiario.net del 6 maggio) e 2) “Bocciare o non bocciare? Questo è il problema” del preside Eugenio Tibaldi (tecnicadellascuola.it del 4 maggio).

Gianni Mereghetti conferma che inclusione (prima questione indicata) non deve significare promozione indiscriminata ma invece “bisogna impegnare tutte le energie presenti nella scuola per permettere a tutti di compiere ciò che potenzialità e competenze personali dovrebbero permettere”. Su questo siamo d’accordo.

La valutazione (seconda questione), costituisce per Mereghetti “il punto debole del sistema scolastico italiano“ ma “non per il fatto che in Italia farsi bocciare è un’impresa, ma perché abbiamo una classe docente che fatica a valutare”.
Su questo punto non si può concordare! Ha invece ragione Galli della Loggia sia sul ruolo perverso attribuito al voto del Consiglio di Classe, sia sulle motivazioni, intendimenti e interessi concreti relativi a questo voto e alle promozioni d’ufficio: tutti promossi, tutti bravi e variamente gratificati, dal ministro fino ai DS. Che i docenti fatichino a valutare è affermazione gratuita e infondata.
È la normativa prolassata, è la prassi… bonaria, benevola, buonista, sono le aspettative familiari e le condizioni ambientali a distorcere le valutazioni.

Se fosse vero che la classe docente non è idonea a valutare, bisognerebbe chiamare in causa, con e prima di essa, la classe politica, governativa, ministeriale e gerarchica. Infatti la classe docente impara (o non impara) a insegnare e a valutare attraverso percorsi e verifiche interne e gestite dal Miur. Dovrebbe far riflettere il dato assurdo e contradditorio del 70% di bocciati al recente concorso scuola primaria con i partecipanti già abilitati.

Eugenio Tipaldi fa un’opportuna distinzione fra scuola di base (ex-elementari ed ex-medie, 5 + 3  anni) e scuola superiore. Nella scuola di base è giusto non bocciare, mentre è opportuna una selezione severa nella scuola superiore. In aggiunta “Occorre introdurre – così scrive Tipaldi – un sistema di orientamento che spinga i ragazzi a percorsi differenziati già alle medie”. E prosegue con “La media unificata (1962) ….  è stata, secondo me, un grosso errore” perché non è “scritto che devono diventare tutti laureati”.  Questa è osservazione rilevante e importante, e opportune sarebbero altre opinioni in proposito.

La mia opinione (veramente modesta e preliminare) è che prima del 1962 avevamo una scuola media gravosa, fortemente orientata ai licei e all’università e che la media unificata sia ancora gravosa e orientata come prima, cioè curi, privilegi e alletti chi punta licei e università a scapito degli altri ritenuti inadatti e perciò “costretti” a scegliere istituti tecnici e professionali, e ciò con svantaggio per tutti. In altre parole, non esiste parità reale al momento della scelta della scuola superiore. Tecnici e professionali continuano ad essere scuole di 2ª e 3ª scelta, meno pregiate e considerate dei licei, tanto che anche i docenti “migliori” li scansano se possono, ciò con danni e svantaggi per alcuni e per il sistema scolastico.

Da notare che la scuola di base di 8 anni indicata da Tipaldi non trova riscontro nelle leggi e nelle normative. Abbiamo  invece i dieci anni dell’istruzione obbligatoria di base che sono spezzettati nei tre gradi di sempre: Primaria, Media, Primo Biennio! I decreti attuativi della l. 107 approvati il 7 aprile non hanno riguardato questa anomalia.

In conclusione, va sottolineato che la questione vera è costituita, non dal dilemma “bocciare o non bocciare?”, ma dalla domanda se è giusto e utile alterare – con abuso di voti di CdC – le valutazioni dei singoli docenti per giustificare promozioni decise in base a criteri diversi dal profitto e dalla didattica. Tenendo anche presente che 1) l’alunno promosso d’ufficio non sempre ne ha consapevolezza: si sente e considera bravo o furbo e 2) questa prassi ormai almeno ventennale demotiva pesantemente i bravi, i secchioni, gli sgobboni e costringe a ridurre e alleggerire i programmi scolastici: anche da qui trae origine il noto appello “Contro il declino dell’Italiano a scuola” di 600 docenti universitari.

 

Galli della Loggia e il tabù della bocciatura da infrangere (prima parte)

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