Insegnare la Lingua dei segni (LIS) a grandi e piccoli per migliorare la comunicazione con i sordi. Questo quanto prevede un progetto finanziato dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia e destinato a 24 classi di scuola primaria dell’Isola, tre per ogni Ambito Territoriale (Enna e Caltanissetta sono unite). Lo comunica l’Usr Sicilia.
A queste si aggiungono due Istituti superiori professionali a indirizzo sociosanitario, il Marconi – Mangano di Catania e l’Istituto superiore di Riposto, per un totale di sei studenti che parteciperanno alle attività in classe maturando crediti PCTO, Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro).
Dopo il successo dell’esperienza in alcune scuole della provincia di Ragusa, il progetto viene adesso esteso a tutta la regione per favorire l’inclusione scolastica attraverso l’apprendimento della LIS, che dal 2021 è riconosciuta ufficialmente quale lingua con regole grammaticali, sintattiche e morfologiche, utile anche per alfabetizzare gli studenti stranieri.
Inclusione a scuola, un vero e proprio mito? L’intervento del professore Ernesto Galli Della Loggia sulla questione dell’inclusione sta facendo molto discutere. Se da una parte qualcuno dice che stranieri, disabili e dsa rallentano la didattica e riducono le competenze degli studenti, dall’altra parte c’è chi afferma il contrario sostenendo che chi parla in questo modo non conosce il mondo della disabilità e dell’inclusione fino in fondo. La Tecnica della Scuola vuole chiedere ai propri lettori se sono d’accordo o meno sul ritornare all’istituzione delle classi speciali cancellate in Italia esattamente 50 anni fa.
All’interno del sondaggio troverai le seguenti domande:
Qual è il tuo ruolo?
In quale luogo ti trovi attualmente?
Sei d’accordo a tornare alle classi speciali?
Su Facebook si moltiplicano gli interventi di docenti (e non solo) che annunciano che non rinnoveranno l’abbonamento al quotidiano e anche Rossano Sasso (deputato della Lega, già sottosegretario all’Istruzione con il Governo Draghi) si schiera in modo netto: “Ernesto Galli della Loggia ha certamente e incredibilmente sbagliato nel profetizzare una differenziazione a scuola tra studenti normodotati e studenti disabili, quasi evocando un ritorno alle classi differenziali. Suggerirei a Galli della Loggia di approfondire i propri studi sul tema, magari leggendo qualcosa del prof. Ianes”.
Ma Sasso mette in evidenza anche le situazioni in cui l’inclusione è solo una parola e nulla più. Questo – dice il deputato della Lega – avviene “quando in cattedra ci salgono docenti non specializzati sulla materia e quindi privi delle opportune competenze, oppure quando un bambino autistico cambia docente di sostegno ogni anno, perdendo tutti i successi formativi acquisiti o quando i docenti della materia non sono formati adeguatamente sull’inclusione o non collaborano con quelli di sostegno”.
Va anche detto, però, che sulla nostra pagina Facebook si susseguono commenti di insegnanti che mostrano di apprezzare la posizione di Galli Della Loggia.
C’è chi applaude e definisce realistico l’intervento del professore, e chi sostiene che bisogna ammettere che l’inclusione è fallita e che bisogna smetterla con il “politicamente corretto”.
Chi esclama: “Certo, ha ragione da vendere” e poi chi coglie l’occasione per rilanciare un vecchio mantra: “La scuola arranca a causa dei sessantottini onnipresenti” (dimenticando però che i docenti che arrivano dal ’68 sono ormai pensionati e fuori gioco se non altro per ragioni anagrafiche).
Ci sono anche osservazioni più puntuali: “L’inclusione a tutti i costi abbassa drasticamente il livello delle classi a discapito di quelli bravi che hanno diritto ad avere una didattica decente! Bocciare chi non ce la fa è l’unico modo!”
E ancora: “Ma a quelli bravi, che vengono costantemente zavorrati, chi ci pensa?”
Oppure: “Stiamo come stiamo proprio perché da 30 anni non c’è più selezione. L’inclusione non è il contrario di selezione e se si vuole tornare a una scuola seria il cui diploma abbia un significato si deve tornare alla selezione perché chi sa non è uguale a chi non sa”.
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