Non si accenna a placarsi la battaglia dei formulari scientifici alla maturità. Dopo il botta e risposta tra Miur (che ha negato l’uso all’Esame di Stato) e il M5S (che si era fatto promotore della possibilità di utilizzarsi nella seconda prova scritta), l’onorevole Luigi Gallo risponde allo scrittore Massimo Gramellini che sul Corriere della Sera aveva parlato del tema “dando ragione” al Ministero.
Ecco il testo della lettera
Gentile Massimo Gramellini,
sono il portavoce del M5s autore dell’interrogazione al Miur sull’uso dei formulari scientifici per lo svolgimento della seconda prova dell’esame di maturità nei Licei Scientifici. Su questo caso, lei si è soffermato nella sua rubrica del Corriere della Sera e sono d’accordo con lei: relegare l’intelligenza alla conoscenza mnemonica è un processo biecamente conservatore. Le università di diversi Paesi hanno applicato all’educazione modelli molto interessanti, che negli anni hanno portato a risultati di rilievo e dai quali potremmo e dovremmo trarre insegnamento. Parlo ad esempio degli atenei pubblici, delle scuole medie e superiori che ho recentemente visitato in Finlandia e in Francia. La Finlandia, secondo l’Ocse tra i primi Paesi al mondo per la qualità dell’istruzione, ha soppresso i “compiti a casa” eppure non ho mai sentito esperti del settore gridare allo scandalo. La Finlandia sta superando il concetto di una scuola realizzata solo all’interno delle aule e sta superando anche la divisione compartimentata tra le diverse discipline. Si tratta di politiche scolastiche ancorate a studi e ricerche scientifiche che in quel Paese affidano ad un’agenzia educativa che guida i processi delle riforme coinvolgendo 200 scuole.
Anche in Italia abbiamo 600 scuole dell’avanguardia educativa monitorate dall’Agenzia di ricerca Indire ma qui i governanti hanno deciso di non fare né di questo nucleo, né dell’agenzia, un perno del nostro sistema educativo. In un ente di ricerca come l’Indire si fa tesoro i esperienze virtuose come bookinprogress che non demonizzano computer, smartphone o tablet ma li promuovono come strumenti per l’apprendimento, per la costruzione di saperi e di libri di testo autoprodotti dai docenti insieme agli studenti. Un’esperienza pedagogica e didattica virtuosa che soddisfa anche gli amanti dei Test Invalsi visti i risultati positivi delle scuole che aderiscono a questa rete. Un’esperienza che sarebbe già diffusa in tutta Italia se solo si applicassero le leggi volute dal Parlamento che nel 2013 nel decreto 140 ha assorbito una proposta del M5S per creare una biblioteca virtuale nazionale con libri digitali prodotti dalle scuole sotto la guida di docenti esperti e che è bloccata dallo studio di una commissione ministeriale che ha coinvolto le case editrici.
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Vede, pensare che il nostro progetto di innovazione del sistema scolastico serva (come lei scrive) a racimolare il voto dei 18enni è svilente. Forse lo ha fatto Renzi, regalando loro un bonus da 500 euro. E’ o non è questo un intervento spot? Copiare una formula matematica da un libretto non significa sopire la propria memoria, sa bene che copiare una formula non significa che poi la si sappia automaticamente applicare.
Il pedagogo e professore di Filosofia dell’educazione dell’università di Milano Bicocca Paolo Mottana scrive: “Quando si apprende puramente a memoria e solamente per compiacere una richiesta non condivisa” ci si trova di fronte, secondo una dicitura coniata da chi di apprendimento si intende (si vedano gli studi di Meltzer, Harris, Bion degli anni ‘70 e ‘80), a una “per sottomissione ad un persecutore”.
In Italia abbiamo una storia e una esperienza pedagogica straordinaria che ci invidia tutto il mondo, a partire dal modello Montessori. Ma mentre all’estero le pratiche educative coniate dall’Italia si diffondono, nel nostro sistema scolastico restano marginali a causa di governi che ci hanno condotto in fondo alle classifiche internazionali con l’Italia all’ultimo posto in Ue per percentuale di spesa pubblica destinata all’istruzione e al penultimo posto (fa peggio solo la Grecia) per quella destinata alla cultura secondo i dati Eurostat del 2016. Eurostat che oggi conferma come l’Italia sia in fondo alla classifica europea per percentuale di laureati rispetto alla popolazione, preceduta solo dalla Romania.
Ecco, tutti questi elementi, ai quali ne potrei aggiungere molti altri, possono contribuire ad approfondire un tema che ha bisogno di competenze, confronto e approfondimento. Quello che sulla sua rubrica certamente gli spazi limitati non consentono di realizzare.
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