
La gaming education, approccio educativo basato sull’utilizzo di dinamiche e strumenti propri dei videogames o sulla gamification (meccaniche di gioco quali sfide, obiettivi, livelli, punti, premi), attraverso l’uso del digitale come strumento educativo, trasforma gli stili di apprendimento rendendo l’esperienza più attiva, coinvolgente, efficace e interattiva.
Minecraft Education Edition, Kahoot, Quizizz, SimCity, Civilization: lezioni di scienze in cui esplorare il sistema solare in realtà virtuale, di lingua straniera in cui muoversi e interagire con interlocutori in tempo reale, di storia in cui ricostruire in digitale eventi passati… Da giochi educativi ‒ veri e propri ambienti in cui gli studenti interagiscono, esplorano, costruiscono e ricostruiscono sperimentando ludicamente il problem solving ‒ a giochi commerciali utilizzati a fini didattici, l’apprendimento viaggia dal teorico all’esperienziale. Ma quali i benefici e quali i rischi insiti nella nuova frontiera della digital education?
Studi scientifici nel campo delle neuroscienze e della psicologia cognitiva hanno dimostrano che emozioni positive quali curiosità, sorpresa, interesse e soddisfazione attivano circuiti cerebrali che favoriscono l’apprendimento, innalzandone la qualità là dove la mente è coinvolta emotivamente. La gaming education, pertanto, stimolerebbe apprendimento attivo, motivazione, soft skills, collaborazione e socialità, anche attraverso accesso facilitato a concetti complessi e adattabilità di contenuti. Si sperimenta, scopre, decide, risolvono problemi, si stimola il pensiero critico e la capacità di iniziativa, si apprende più rapidamente rispetto ai tempi di una lezione frontale tradizionale e astratta. Si forniscono sfide personalizzate, un apprendimento su misura, adatto a ciascuno studente, obiettivi da raggiungere, livelli da superare, premi da guadagnare. Si genera un’esperienza virtuale stimolante attraverso feedback immediati, sviluppano soft skills, problem solving, pensiero critico, gestione del tempo. Giochi multiplayer o progetti scolastici basati su dinamiche di gruppo (come le escape room digitali) alimentano il lavoro in squadra, competenze emotive, sociali e relazionali.
Nonostante gli apprezzabili benefici, talune criticità non sono tuttavia trascurabili. Pur offrendo all’apprendimento un potente supporto, la gaming education, non certo sostitutiva di insegnanti, libri di testo e studio, va praticata e applicata con equilibrio, in contesti ben strutturati, con studenti resi primariamente consapevoli, supervisionata da una regia di docenti o educatori esperti. Le implicazioni psicologiche e sociali di un uso incontrollato potrebbero infatti rivelarsi complesse, generando dipendenza, distrazione dal contenuto, sovraccarico digitale e rappresentazioni stereotipate; nella trappola dell’iperconnessione, alto è il rischio di sviluppare eccessiva dipendenza dallo schermo, con ricaduta negativa su concentrazione, ritmi del sonno, qualità della vita e relazioni sociali. Alcuni games, anche se concepiti a fini educativi, possono inoltre veicolare immagini o messaggi discutibili (violenza, stereotipi di genere, ruoli sociali fissi), influenzando inconsciamente i ragazzi e condizionandone la visione del mondo.
In una modernità scandita dai rapidi quanto intensi ritmi dell’evoluzione digitale, in cui l’apprendimento tradizionale fatica a reggere il passo e i tempi attentivi decrescono rapidamente, la gaming education può rivelarsi dunque un’utile ed efficace risorsa strategica. Attivando emozioni, se ben utilizzata, orientata, contestualizzata e supervisionata, vivacizza l’apprendimento, stimolando la memoria, la riflessione e lo sviluppo dell’utilizzo consapevole, sano, equilibrato e critico del digitale.
Nadia De Cristofaro