Ho letto con interesse il dibattito, che si è svolto su questa testata, in riferimento a principi fondamentali della scuola repubblicana. Se riuscissimo a convenire tutti sui contenuti essenziali della nostra Costituzione, riusciremmo pure a individuare la strada per uscire da questa emergenza del coronavirus con meno danni possibili. Tutti, penso, lo auspichiamo e dovremmo tutti ricercare i comportamenti e regole più efficaci nell’intento comune.
Volendo cominciare dal dato di realtà più che dai principi astratti, non è difficile cogliere il limite della seguente affermazione, presente in uno tra gli ultimi interventi pubblicati:
“Gli espedienti ideologici, comunque, non fanno presa per la banale ragione che se la scuola regge e reggerà alla tempesta del coronavirus, dipende puramente ed esclusivamente dai docenti”. Mi chiedo se sia proprio così, penso all’apporto determinante dei genitori che in questa fase stanno assicurando: l’aula, il sussidio tecnologico, il sostegno motivazionale, e pure, in molti casi la competenza tecnologica e culturale. Questa emergenza rende evidente e determinante, quanto non lo è nella normalità della vita scolastica, l’apporto indispensabile delle famiglie nell’apprendimento e nel successo scolastico dei ragazzi.
Recentemente l’OCSE- PISA ha denunciato “in Italia il sistema scolastico è egualitario sulla carta, ma nei fatti non consente ancora di superare le differenze di partenza tra gli studenti legate al contesto familiare e sociale, anzi le consolida … non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento osservati tra gli alunni più favoriti e quelli svantaggiati. … I dati raccolti dall’OCSE dimostrano infine come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia determinata principalmente dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie.
In altre parole: la possibilità economica di accedere all’istruzione si traduce nel principale ago della bilancia dell’equità sociale”.
Il problema emergente in questi giorni è proprio la discriminazione sociale ed economica presente tra le famiglie nelle diponibilità o meno di sussidi tecnologici, logistici e culturali di cui il Paese non può non farsi carico, pena l’accentuarsi dei ritardi nello sviluppo culturale ed economico nel futuro di tutti. Occorre davvero, che si tenga conto, come viene suggerito dagli interventi, dell’indicazione di Don Milani di superare la disuguaglianza esistente tra le famiglie che dispongono o meno di una biblioteca. Questa potrebbe essere l’occasione per assicurare a tutte una buona biblioteca virtuale a cui attingere senza ostacoli di nessun genere.
I principi costituzionali ci aiutano certamente nel definire gli interventi sociali ed economici necessari allo scopo. Non solo però gli articoli 33 e 34, richiamati nel dibattito, ma, tra gli altri, gli articoli 3, 21, 30. Che pure chiariscono meglio “la strada maestra per qualsiasi docente”, genitore e cittadino.
Riferirsi al diritto allo studio non può bastare perché “ogni docente “sappia quello che deve fare in questo frangente .. come deciderà, come può e come sa”. Non basta la libertà di insegnamento, attribuita ai soli docenti, ad esempio, in quanto questa libertà spetta anzitutto ai genitori su cui ricade il “diritto – dovere di curare, istruire ed educare i figli” (art.30), con i quali è indispensabile confrontarsi ancora di più e meglio in questi giorni di “lezioni a distanza”.
Se la libertà di insegnamento dei docenti è una conquista di questi decenni nei riguardi di un certo autoritarismo governativo, non si può ignorare che “a tutti i cittadini, genitori compresi, spetta il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e le proprie convinzioni educative” (art 21 della Costituzione , e art 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani).
Purtroppo nella pubblicistica si denunciano i genitori “che spiano le lezioni a distanza come violazione della privacy”. Quale violazione della privacy può sussistere se il docente si considera autentico professionista, in dialogo con il genitore, titolare dell’istruzione del suo allievo?
Opportunamente si accenna al principio dell’autonomia scolastica, ma ancora una volta a senso unico, tralasciando che “L’autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere” (art 21 legge 59 – 1997 comma 9)
Come dire che non basta “il giudizio del docente e la libertà di insegnamento” ma anche, come richiamata nel dibattito, la “responsabilità dei docenti” nei riguardi della libertà della famiglia e il diritto del ragazzo ad un apprendimento di qualità. Infatti autonomia non può equivalere all’anomia” nemmeno per i docenti in quanto significherebbe ignorare l’essenza dello Stato di diritto”.
Forse occorre evitare di ideologizzare la stessa “libertà di insegnamento dei docenti”, per restituirla alla sua valenza decisiva perché “l’arte e la scienza” siano davvero libere nel confronto aperto e collaborativo con tutte le intelligenze e tra tutti i cittadini, responsabilizzati nei confronti delle giovani generazioni.
Giuseppe Richiedei