Era già tutto previsto… Le “Linee programmatiche” esposte dal ministro Giannini alla VII commissione Senato quattro mesi fa, il 27 marzo 2014, disegnano uno scenario coerente e trasparente rispetto l’impianto ideologico e politico della senatrice, già rettore dell’università per stranieri di Perugia.
Il 17 novembre
A dispetto del dichiarato e reiterato nuovo corso della politica, del “cambiamo verso all’Italia” rappresentato dal nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a fronte del profluvio di intenzionalità “sproporzionate” del sottosegretario Reggi, ci si permette, con questa breve descrizione, di ritenere che per la scuola pubblica statale italiana, se si escludono gli impegni assunti in direzione dell’edilizia scolastica, si consoliderà il solco tracciato dai tre Governi precedenti (Berlusconi, Monti, Letta), con buona pace delle OO.SS e di quelli che ritengono, strumentalmente, i sindacati ancora capaci di spostare o di condizionare le politiche scolastiche o sociali in genere. Ciò premesso si profila, almeno per la scuola pubblica statale, l’ennesimo episodio di “gattopardismo”, per lasciare le cose come stanno dal 2008.
Il terzo dei 4 punti qualificanti la relazione del Ministro è incentrato sulla valutazione, che “significa assegnare le risorse sulla base dei meriti e dei demeriti”. Bene. In questi ultimi 10 anni, quindi, la scuola pubblica statale deve essere stata un vero e proprio monumento al demerito, visto che i predecessori della Ministro hanno, con benevola negligenza, consentito irresistibili e smisurati tagli di risorse al sistema scolastico di un Paese potenzialmente moderno ed europeo, ma autenticamente arrendevole al disfacimento, anche morale, operato dalla corruzione nella PA e non solo.
Ancora: negli anni 2008 e 2009, mentre si scudavano gli evasori fiscali, si sanzionavano i pubblici dipendenti con una trattenuta sullo stipendio per malattia, capovolgendo così il principio di responsabilità dai disonesti agli onesti. Discopatie o virus influenzali protocollati come colpe da espiare. Visione, ad alzo zero, post-medioevale e pre-europea.
E per ora, non spicca nessun membro della compagine ministeriale che voglia cassare questa norma, di brunettiana memoria, fuori da ogni logica giuridica. Anzi… Un altro passaggio delle “Linee programmatiche”: occorre procedere “da una scuola per tutti a una scuola di qualità per tutti, con la valutazione che controlla, misura, certifica questa qualità, e che risulta decisiva per fondare la scuola del nuovo Secolo”.
Quindi la valutazione organizzata come un dispositivo ideologico “soft”, come “indiretta conduzione delle condotte”, di modo che “si tratta non di costringere, come le ideologie di novecentesca memoria, ma di portare gli individui a condursi in modo conforme a certe norme” Insomma, la “valutazione come dispositivo di controllo per rendere interni gli imperativi che precedentemente erano imposti dall’esterno”.
Si armonizza così la partitura dell’unica ideologia dominante: quella del neo-liberismo economico che pialla i redditi da lavoro dipendente; che, mentre precarizza il lavoro, stabilizza l’intangibilità delle rendite parassitarie e finanziarie; e che, da ultimo, ha informato anche il sistema di valutazione nel mondo della scuola.
Infatti, la valutazione, è balzata agli onori della cronaca e politicamente considerata solo dal 2000, cioè dalla prima rilevazione Ocse la quale rappresenta, secondo il premio Nobel J. Stiglitz, uno dei pilastri su cui si fonda la globalizzazione, cioè “la privatizzazione del mondo”. Ancora, la citazione di un ultimo passaggio: “l’applicazione sistematica del Regolamento 80/2013 rappresenta un preciso impegno politico” assunto dal Ministro.
Si tratta del Regolamento sulla valutazione, approvato dal Governo Monti in limine mortis, a legislatura scaduta, con il voto decisivo della componente partitica (PdL e Lega) autrice degli “scudi” per evasori e “sanzioni” per chi si ammala di cui sopra.
Il Pd, il partito del Presidente del Consiglio attuale, si distinse per una prova di forza, per così dire, inerziale, anonima, e distesa in sicura contemplazione degli ineffabili cristalli di ghiaccio tibetani. Ma perché tanta fretta per approvare un testo sottoposto a minuziosi rilievi anche dal Consiglio di Stato, quali l’eccessiva burocraticità e formalità di tutto il meccanismo? (Una senatrice, Albertina Soliani, definì tale Regolamento una “mera veste burocratica”).
La risposta è nell’Atto del Governo n. 536 del 23 gennaio
Troppo facile riconsiderare la famosa lettera, agosto
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.