Si è rotto l’ascensore sociale. Quello che per decenni ha consentito a tanti giovani di passare, grazie all’istruzione, da una posizione di scarsa rilevanza sociale a uno stato di estremo miglioramento, consentendo pure l’integrazione tra i diversi strati che formano la società, non funziona più. O meglio stenta a fare il suo lavoro.
A dirlo Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli, che aggiunge in una intervista al Messaggero: “No, purtroppo non funziona. O meglio si blocca in terza media, quando bisogna compiere la scelta dell’indirizzo di studi di scuola superiore. È lì che si vede la differenza. È chiaro che esiste un vantaggio a favore dell’alunno che proviene da una famiglia dove c’è almeno un genitore laureato”.
Ma non solo, aggiunge Gavosto, c’è pure un vantaggio economico e un altro di maggiore attenzione “perché i genitori si occupano maggiormente degli studi del figlio”, mentre in un Paese moderno la scuole dovrebbe “compensare questi svantaggi che non sono eliminabili altrimenti. Sarebbe un cambiamento epocale”.
Insomma , semplificando, il figlio di una famiglia di immigrati potrebbe fare il liceo classico o scientifico perché ha i numeri per farlo, ma “per il momento non è così”, viene iscritto in altre scuole.
E il divario emerge, dice Gavosto, “al momento della scelta della scuola superiore: un’altissima percentuale di coloro che scelgono un liceo classico o scientifico ha genitori laureati. Se mamma e papà hanno la terza media la scelta ricade sui professionali. Serve un vero orientamento affinché la preferenza per la scuola superiore non sia dettata dalla famiglia di origine ma dalle attitudini”.
Mancherebbe, secondo il presidente della Fondazione Agnelli, “quella parte di offerta formativa professionalizzante che nel resto d’Europa conta anche dieci punti percentuali, sono i percorsi terziari professionalizzanti”.
Sarebbero importanti gli Its ma per ora ce ne sono circa 150 ed è ancora un fenomeno di nicchia, “mentre dobbiamo dire ai giovani che studiare conviene sempre”.
Per Gavosto serve allora un cambiamento culturale: più lauree anche fra le ragazze, mentre resta il gap nelle materie Stem, dove, se c’è “ un minor tasso di occupazione delle donne, occorre sempre lavorarci bene: sempre a partire dalla scelta della scuola superiore. Nei percorsi tecnici, ad esempio, le ragazze sono sempre in minoranza”.
“I tassi di occupazione- conclude Gavosto citando i Neet- stanno salendo rapidamente tra i giovani, si tratta di un trend importante per un Paese, come l’Italia, che da 40 anni vede i tassi occupazione giovanili non adeguati alle necessità reali”.
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