L’esame di Stato, nonostante le innovazioni e sperando “nell’intelligenza di chi redigerà le prove scritte”, ha in sé “scelte censurabili, prime fra tutte la cancellazione della prova Invalsi e delle ore di alternanza scuola-lavoro come requisiti di accesso all’esame: qui il Miur ha scelto di compiacere la parte dei docenti più ostile all’innovazione”.
In ogni caso –scrive Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, sul Sole 24 Ore– “le novità più convincenti sono ben lontane da riscattare un esame che – così com’è concepito – da tempo non ha più senso”.
“Il suo vero e irrisolto problema è la discrezionalità di giudizio di ciascuna commissione, che permane anche dopo quest’ultima riforma e non potrà essere significativamente attenuata dalle nuove griglie nazionali di valutazione, peraltro a quanto pare previste solo per le prove scritte. Discrezionalità che fa vedere i suoi effetti distorsivi più clamorosi sui risultati nelle diverse aree del Paese e per singolo istituto quando vi sono più commissioni”.
E proprio per questa mancanza di stima nei giudizi delle commissioni -scrive il direttore della Fondazione- “le università hanno da tempo introdotto i propri test per selezionare gli studenti in ingresso. A loro volta, i datori di lavoro ormai quasi non tengono più conto del voto di maturità nella decisione di assunzione”.
C’è allora un’alternativa all’abolizione di questo esame così come è concepito nonostante le ultime riforme?
“I suggerimenti che provengono dal resto d’Europa sono di due tipi:
il primo riguarda le prove standardizzate – quindi immediatamente confrontabili su tutto il territorio nazionale – nelle materie di base, come italiano, matematica, inglese; non tutte le materie, però, si prestano (si pensi a quelle artistiche).
La seconda possibilità è quella di esami le cui prove siano sottoposte a una correzione unificata a livello centrale, che garantisca omogeneità di criteri di giudizio: un esempio è in questo caso l’Olanda. Le verifiche possono avvenire ad opera di una commissione nazionale oppure scambiando le prove per la correzione fra diverse aree territoriali, come avviene per l’esame di Stato degli avvocati: il digitale renderebbe peraltro questa soluzione oggi meno costosa dello spostamento in massa dei commissari della maturità.
Un esame finale condotto secondo criteri di valutazione omogenei sarebbe una soluzione promettente per dare nuova linfa alla maturità, che a quel punto, con gli opportuni arricchimenti, potrebbe essere utilizzata dagli atenei come test d’ingresso e dai datori di lavoro come criterio di selezione dei giovani diplomati”.
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