Estero

Gaza, educazione sempre più in pericolo: istituti danneggiati, si rischia di perdere un’intera generazione che non va a scuola

L’esplosione di un conflitto in Medio Oriente, che di recente si è allargato all’Iran, presenta degli effetti assai controversi su vari elementi che interessano da vicino la nostra vita quotidiana. In primis le dinamiche commerciali risultano sempre più correlate alla crisi geopolitica che si è generata, frutto di frizioni tra culture, interessi e rivendicazioni. In seconda battuta figura la sicurezza internazionale: il timore delle complicazioni ed ulteriori allargamenti del conflitto interessa i paesi limitrofi e lontani, che mantengono relazioni culturali, diplomatiche, commerciali con i soggetti interessati.

Il terzo effetto è umanitario: milioni di persone, in particolare a Gaza, sono sottoposte ad un’enorme sofferenza, derivante dall’assenza quasi totale di supporto sanitario, alimentare e soprattutto educativo. Le scuole risultano distrutte, gli studenti ed i professionisti che vi prestavano servizio dispersi; chi riesce a fare didattica vi provvede con soluzioni temporanee (nei pochi campi allestiti in loco). Per UNICEF e ONU si rischia di perdere, sotto il profilo educativo, un’intera generazione che per via degli scontri e delle minacce a cui viene sottoposta non si reca a scuola. Il futuro di centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi studenti è compromesso.

Centinaia di migliaia di giovani senza formazione

Non si vede la fine della guerra a Gaza. Anche se vi fosse, ciò farebbe ben poco per cambiare le desolanti prospettive educative degli oltre 625.000 studenti che, secondo le stime delle Nazioni Unite, si trovano nel territorio. Sette mesi di guerra hanno devastato ogni livello di istruzione. Secondo le Nazioni Unite, oltre l’80% delle scuole di Gaza, comprese tutte le sue 12 università, sono state gravemente danneggiate o distrutte dai combattimenti. Ciò ha portato i critici, tra cui il Ministero dell’Istruzione palestinese e più di due dozzine di funzionari delle Nazioni Unite, ad accusare Israele di un modello deliberato di prendere di mira le strutture educative, proprio come è stato accusato di prendere di mira gli ospedali. “Potrebbe essere ragionevole chiedersi se vi sia uno sforzo intenzionale per distruggere completamente il sistema educativo palestinese, un’azione nota come ‘scolasticidio'”, ha affermato in una dichiarazione il mese scorso un gruppo di 25 esperti delle Nazioni Unite. “Questi attacchi non sono incidenti isolati“, ha aggiunto. “Presentano un modello sistematico di violenza volto a smantellare le fondamenta stesse della società palestinese”.

La reazione dell’opinione pubblica israeliana

In risposta, mercoledì scorso l’esercito israeliano ha affermato in una dichiarazione di non avere “una dottrina che miri a causare il massimo danno alle infrastrutture civili”. Ha attribuito la distruzione delle scuole di Gaza, come dei suoi ospedali, allo “sfruttamento delle strutture civili per scopi terroristici” da parte di Hamas, che, a suo dire, costruisce tunnel sotto di esse e li usa per lanciare attacchi e immagazzinare armi. “In determinate condizioni questo uso militare illegale può invalidare le scuole di protezione dagli attacchi”, hanno detto i militari. Hamas non ha risposto a una richiesta di commento sulle accuse israeliane secondo cui avrebbe utilizzato scuole e altri siti civili a Gaza per scopi militari. Hamas ha da tempo negato tali accuse.

Quando Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato, lo scorso autunno ha accusato il gruppo di operare nelle scuole, questo ha risposto con una dichiarazione in cui affermava che “l’affermazione secondo cui Hamas sta utilizzando ospedali e scuole come siti militari è una ripetizione di una narrativa palesemente falsa”. Le Nazioni Unite hanno dichiarato il mese scorso di aver documentato la morte di almeno 5.479 studenti, 261 insegnanti e 95 professori universitari a Gaza da ottobre, nonché il ferimento di almeno 7.819 studenti e 756 insegnanti. Le implicazioni per il futuro di Gaza sono profonde quanto la devastazione. Gli studenti hanno già sperimentato un lungo calvario nella loro istruzione e ora affrontano un futuro con poche scuole intatte in cui tornare dopo la fine della guerra.

Andrea Maggi

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