In questo post Gelmini afferma: “L’Istruzione tecnica ha contribuito al boom economico dell’Italia, dotando il sistema produttivo di competenze qualificate attraverso periti industriali, geometri e ragionieri, grazie ai quali oggi l’Italia può vantare di essere il secondo Paese manifatturiero dopo la Germania.
Dal 1990 ad oggi, gli iscritti agli istituti tecnici sono passati dal 45% all’attuale 33,5%, un trend confermato anche dalle iscrizioni per l’a.s. 2015/16, che fanno registrare un’ulteriore flessione dello 0,3% rispetto agli iscritti alle classi prime dello scorso anno. In un momento di crisi quale quella attuale, in cui abbiamo tassi di disoccupazione, soprattutto di quella giovanile, tra i più alti in Europa, non possiamo permetterci di lasciare i posti di lavoro vuoti, come certificato dalle ricerche Excelsior, perché le imprese non trovano sul mercato le professionalità che cercano.
Il sistema scolastico deve essere in grado di formare tali professionalità e trasmettere le competenza tecniche ad alto tasso di specializzazione di cui la nostra società ha sempre più necessità”. Il problema dell’istruzione tecnica probabilmente sta nella drastica diminuzione del monte ore delle materie professionalizzanti avvenuta nell’ultimo lustro.
Ad esempio, ma non è l’unico, in elettrotecnica e automazione con la riforma della stessa Gelmini è sparita la disciplina “Impianti elettrici”, materia fondamentale nella costruzione delle giuste competenze di un perito elettrotecnico. L’allarme dichiarato nell’interrogazione è più che giustificato, ma un’analisi approfondita delle cause che hanno provocato questa emergenza culturale lo sarebbe ancora di più.