Gelmini convince i sindacati: sull’applicazione dei tagli giudizio “sospeso”

La sintesi più felice dell’incontro del 6 agosto tra il Ministro del Miur, Mariastella Gelmini, e le associazioni e i sindacati convocati a viale Trastevere nel tentativo di condividere degli spazi di attuazione per i forti tagli del Governo, è probabilmente nelle parole di Massimo Di Menna, leader della Cisl Scuola: “c’è un Governo ossimoro – ha dichiarato il sindacalista al termine dell’incontro – che, da un lato proclama la centralità dell’istruzione, una scuola nella quale prevalgano qualità e merito, dall’altro riduce le risorse”.
Risorse che nei prossimi tre anni, come noto, si taglieranno di sicuro. Ma chi voleva sapere dal Ministro “come” si attueranno è rimasto deluso. Come anche chi aveva scommesso nel muro contro muro immediato tra parte pubblica e rappresentanti di sindacati e delle associazioni. L’incontro è stato solo interlocutorio: le parti si sono infatti date appuntamento ai primi giorni di settembre, quando si avvieranno una serie di incontri, da svolgere anche più volte a settimana, per realizzare una serie di tavoli tecnici e analizzare i punti essenziali della manovra finanziaria. L’obiettivo, tutt’altro che facile, è trovare dei punti di intesa per cercare di fare uscire, permetteteci di dire, il meno possibile con “le ossa rotte” il sistema istruzione.
Nessuna indicazione, quindi, per il momento su dove verrà messa la mano più “pesante”: certo, a tremare di più rimangono i precari, prime vittime delle decine di migliaia di posti da eliminare, come anche docenti e utenti delle superiori e delle scuole con meno iscritti. Di sicuro però al momento non c’è nulla. Ha vinto evidentemente la strada del dialogo, del confronto. Quella preferita e proposta sin dall’inizio dal Ministro, il quale è stato il primo ad ammettere che l’asticella delle economie previste è stata “forse troppo alzata”. Gelmini ha anche espresso preoccupazione per il forte impatto sulla scuola della recente manovra finanziaria e non ha nascosto che il confronto con il Ministero dell’economia e delle finanze rimane aperto: la verifica della fattibilità della manovra sembra infatti tutt’altro che scontata.
“Il problema- ha spiegato sempre Di Menna – è che la riorganizzazione del sistema scolastico andrebbe realizzata ‘al contrario’ di come prospettata dal governo: occorre attuare interventi contrattuali e politiche fiscali a sostegno del lavoro e per farlo occorre ancora prima vedere concretamente dove e come si può intervenire. Solo una volta quantificati i risparmi, si potrà definire la riorganizzazione. In caso contrario – ha tirato corto Di Menna – il problema non potrebbe risolverlo nemmeno il mago Merlino.”.
Non si pensi quindi che i sindacati abbiano accettato la linea dura imposta dal governo. Anzi. “Questa manovra è una missione impossibile – ha tuonato Francesco Scrima, Segretario della Cisl – perché il Governo ha presentato la sua idea di scuola: un terreno di caccia in cui razziare risorse e sacrificare sull’altare del risanamento un servizio essenziale per il futuro del Paese”. La manovra è respinta dalla Cisl su più fronti “sia per l’entità degli interventi sia per la complessità e i tempi delle procedure che occorre mettere in atto, sia per l’intreccio delle competenze istituzionali e costituzionali in materia di programmazione dell’offerta formativa che coinvolgono, oltre al Miur, le autonomie locali e le regioni”.
Il sindacalista ha fatto riferimento ai massimi vertici del governo in carica iniziando con il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, (“Attila non è sicuramente un modello di strategia da seguire se si vuole puntare ad uno sviluppo sia civile che economico del paese”), passando per il presidente del Consiglio (“avremo il ponte sullo Stretto, ma sarà smantellata l’infrastruttura che più conta per una società della conoscenza”) e terminando con il ministro del Miur. Al responsabile dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ha però preferito chiedere di essere di parola dando “seguito nella sua azione di governo a quanto dichiarato (dallo stesso ministro ndr) in sede parlamentare: `la scuola non può essere solo un capitolo di bilancio'”.
I numeri, in effetti, parlano a favore dei sindacati: per la scuola l’Italia investe oggi appena il 4,4% del Pil rispetto al 5,1% della media europea e il 7,4% della spesa pubblica rispetto al 9% della media Ocse. “Non solo – aggiunge Di Menna – dal gennaio 2008, senza rinnovo del contratto scaduto il dicembre 2007, con gli stipendi fermi e l’inflazione che aumenta, abbiamo una situazione che vede le retribuzioni nominali ferme e l’inflazione in crescita di circa il 4%. In termini reali le retribuzioni sono regredite al potere di acquisto del 2002 per i docenti all’inizio della carriera, addirittura al 1999 per quelli con anzianità di 15 anni”.

Ora l’ultima possibilità, sempre che ancora ve ne siano i margini, rimane quella dei tavoli tecnici. La Uil e lo Snals sono sembrati i più possibilisti. Di Menna in tal senso ha detto che potrebbero dare la possibilità di un confronto “concreto al fine di verificare insieme i margini possibili per realizzare il piano di fattibilità nell’ottica dell’innovazione e della qualità”.
Per il Segretario dello Snals, Marco Paolo Nigi, quella prospettata dal ministro è anche una modalità “per evitare uno scontro frontale che la manovra potrebbe determinare e da cui non nascerebbe niente di utile per la scuola nel suo complesso: il confronto diventa quindi elemento questo necessario per governare i processi”. Un confronto che da settembre si muoverà però, è bene non nasconderlo, su un terreno quanto mai scivoloso.

Alessandro Giuliani

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