Sapevamo che l’attuale Ministro dell’istruzione è un avvocato iscritto all’albo (soprattutto dopo la polemica scoppiata per aver vinto il concorso in terra calabrese e non lombarda); ora però sappiamo anche che Mariastella Gelmini sa fare egregiamente la professione svolta prima dell’incarico a responsabile del Miur. Il 2 aprile, durante la registrazione di un’intervista fattale dal giornalista Maurizio Costanzo, come prologo allo show del Teatro Parioli che andrà in onda sabato 4 aprile, il Ministro ha difeso con estrema fermezza le decisioni prese dal Governo sino ad oggi. Un atteggiamento che sembra indicare come da viale Trastevere non via sia alcun ripensamento, nessuna concessione, sul fronte delle norme e dei tagli attuati al comparto scuola.
Le sue parole sono sembrate un chiaro segnale a coloro che, docenti, studenti e sindacati in testa, chiedono da mesi un ridimensionamento di quei provvedimenti che in tre anni intendono tagliare fondi al comparto scuola pari a circa 8 miliardi di euro. Ma anche una risposta a chi la considera una passacarte del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Gelmini ha infatti spiegato come attraverso l’ultima Finanziaria “con il Governo abbiamo fatto delle scelte in piena collegialità: scelte difficili ed anche impopolari, di cui resto però profondamente convinta”. Il responsabile del Miur, che si è giudicato sempre molto determinato e deciso nelle scelte personali e professionali sinora svolte, ha voluto chiarire perché la logica dei tagli (oltre 50mila tra docenti ed Ata solo nel prossimo anno) sia quella da portare avanti sempre e comunque: “In realtà – ha detto sempre il Ministro – il problema scuola riguarda il Paese. Noi dobbiamo imparare a spendere meglio i soldi che abbiamo oggi permettendo l’attuazione di una scuola meritocratica e inclusiva – ha continuato – e non a posticipare inutilmente il problema a quando i soldi ci saranno”.
Viene da sé quindi che se l’attuale esecutivo rimarrà in carica anche per i prossimi quattro anni, i tagli continueranno ad andare avanti. Quindi sino ai circa 140mila prospettati. Solo per rimanere sugli organici. L’attenzione si sposta, allora, tutta su chi verrà di fatto danneggiato da questo genere di provvedimenti. Quindi sui precari. Grazie ai non pochi pensionamenti dal 1° settembre alla fine dovrebbero essere non più di 20mila docenti e 10-15mila Ata a non essere riconfermati. Un paio di mesi fa Gelmini si era espresso favorevolmente nel trovare a questo personale delle adeguate sistemazioni. Ma il Governo sinora non sembra aver dato, al di là dei buoni propositi, valide rassicurazioni.
C’è da scommettere che a questi precari, che da settembre o già da luglio potrebbero entrare nel novero dei disoccupati, non dispiacerà invece la proposta che li riguarda contenuta nella petizione del Pd che in questi giorni sta raccogliendo le firme dei diretti interessati. Nell’ottavo punto il partito guidato da Dario Franceschini contiene infatti la richiesta di “stabilizzare 50.000 docenti e 10.000 ATA, in attuazione del piano di assunzioni della Finanziaria Prodi 2007 e prorogare tale piano per altre due annualità”. Nella petizione, in questi giorni alle firme, si chiarisce anche che “occorerebbe attribuire un’indennità di disoccupazione per due anni (pari al 60% della retribuzione nel primo anno e al 50% nel secondo) ai precari, il cui contratto non possa essere assolutamente rinnovato, che hanno lavorato per almeno 180 giorni in questo anno scolastico”. Si tratta di indennità non esaltanti ma che in uno stato di disoccupazione, con la prospettiva di lavorare solo su supplenze brevi tramite graduatoria d’Istituto, risulterebbero davvero un bella boccata d’ossigeno. Ancor di più perché indietro non si torna. Parola di Ministro.