Il volume presentato fotografa i dati Ocse e quelli europei, mettendo a confronto il sistema italiano con quello degli altri Paesi e quindi dà una immagine abbastanza esatta della condizione della nostra istruzione, al di là di qualunque manipolazione e forzatura ideologica.
Partendo proprio da questa considerazione per l’on Gelmini, intervistata da Il sussidiario, “il dibattito sulla scuola si è svolto in maniera per così dire provinciale, senza sfatare diversi luoghi comuni come le classi troppo affollate, di una bassa spesa per studente e del ristretto numero di insegnanti. Basta guardare questi dati per capire invece che, mediamente, l’Italia investe esattamente come gli altri Paesi europei. Forse meno della Germania, ma solo perché questo Paese contempla anche i finanziamenti privati.”
Per questo l’ex ministro pensa che in passato abbia subito molte accuse dalla sinistra, mentre “basta dare un’occhiata a questo volume per capire che sono infondate. La media italiana di alunni per classe è inferiore a quella Ocse, mentre il numero degli insegnanti e quello del personale tecnico-amministrativo sono superiori alla media, a dimostrazione del fatto che i veri problemi italiani non sono questi. “
Le questioni di fondo sono invece per Gelmini: “la necessità di potenziare e rafforzare il sistema di valutazione, non visto come elemento punitivo o sanzionatorio, ma come strumento per valorizzare i bravi insegnanti e dirigenti e per misurare con trasparenza gli esiti delle risorse investite nella scuola, nell’università e nella ricerca. Vi è poi la necessità di riformare il reclutamento: occorre quindi pensare non solo al concorso, ma anche rivedere la formazione e il reclutamento degli insegnanti. Infine sarebbe opportuno ragionare sul dato, negativo, che in Italia ci sono meno laureati rispetto alla media europea. Questo dato è legato al fatto che negli altri Paesi, in particolare in Germania, non viene sviluppata solo l’istruzione tecnica ma anche quella terziaria di tipo B: come titolo di studio di terzo livello non c’è quindi solo la laurea, ma anche la qualifica legata all’istituto tecnico superiore. Questo significa anche favorire l’occupazione, in una sinergia tra impresa e mondo dell’istruzione.”
Per tale motivo, ha sottolineato l’on Gelmini, di fronte ai tanti laureati disoccupati, occorre cominciare “a non ritenere l’istruzione tecnica una formazione di “serie B”, e valorizzando gli istituti tecnici superiori (Its), che io introdussi quando ero ministro, ma che evidentemente vanno potenziati e valorizzati.”
“Non dobbiamo aspettarci soluzioni miracolose calate dall’alto o ricette capaci di risolvere all’istante i problemi, ma partire anzitutto da una conoscenza adeguata dei numeri entro un raffronto internazionale. Occorre avere un patrimonio comune di conoscenze per avanzare soluzioni basate non su una lettura distorta dei numeri o addirittura sul loro ribaltamento, ma sulla conoscenza puntuale del sistema italiano e di quello europeo”.
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